AGI – Il ministro degli Esteri russo, Serghei Lavrov, si è recato in Egitto per colloqui con la leadership locale, nella prima tappa del suo tour africano, che lo porterà da qui al 28 luglio, anche in Etiopia, Uganda e Repubblica Democratica del Congo.
Lavrov ha incontrato il presidente egiziano, Abdel Fattah al-Sisi, e il ministro degli Esteri, Sameh Shukry, sullo sfondo dei tentati della Russia di alleviare le preoccupazioni sollevate soprattutto in Africa dal blocco dell’export di grano dal Mar Nero, dopo l’avvio di quella che Mosca chiama “operazione militare speciale” in Ucraina. Più del 40% del grano sul mercato africano proviene da Russia e Ucraina.
Parte del grano ucraino viene trasportato in Africa attraverso l’Europa su rotaia, strada e per vie fluviali, ma con costi di trasporto più elevati. Le nazioni africane, di cui molte non hanno appoggiato le sanzioni occidentali contro la Russia, sono state particolarmente colpite dall’aumento dei costi delle materie derivato dalla crisi, compreso l’aumento dei prezzi di gas e petrolio.
Arrivata pochi giorni dopo la missione del presidente Vladimir Putin in Iran, la visita di Lavrov nella regione punta anche a ribadire che la Russia non è isolata sulla scena internazionale. Alla vigilia della partenza, il capo della diplomazia russa aveva sottolineato le “relazioni buone e di lunga data con l’Africa”, sin dai tempi dell’Urss, e il rafforzamento della posizione russa nel continente negli ultimi anni.
Prima tappa del tour è stato l’Egitto, il più grande partner commerciale ed economico della Russia in Africa e tra i maggiori importatori di grano al mondo. Alla fine del 2021, l’interscambio tra i due Paesi è aumentato del 4% e ammontava a 4,8 miliardi di dollari. Al-Sisi ha rifiutato di schierarsi nella crisi ucraina e ha coltivato stretti legami personali col presidente Vladimir Putin.
“I fornitori di grano russi hanno confermato il loro impegno a rispettare gli obblighi sulle esportazioni all’Egitto”, ha garantito Lavrov incontrando l’omologo al Cairo, due giorni dopo la sigla a Istanbul, con la mediazione di Onu e Turchia, di un accordo con Kiev sulla ripresa delle esportazioni cerealicole dai porti sul Mar Nero. La Russia ha sempre respinto le accuse occidentali secondo cui era la responsabile della crescente crisi alimentare globale, liquidandole come “tentativi di scaricare la colpa sugli altri”.
Lavrov ha comunque garantito che Mosca “rispetterà” gli obblighi sottoscritti a Istanbul “indipendentemente dalla revoca delle sanzioni” occidentali, che peraltro, ha aggiunto, “non stiamo implorando”. Allo stesso tempo, però, il ministro russo ha auspicato che le Nazioni Unite riescano a rimuovere le “restrizioni illegittime” che, a suo dire, hanno impedito l’attuazione delle operazioni che riguardano il grano russo, tra cui le assicurazioni, l’ingresso delle navi russe nei porti stranieri e viceversa.
Al Cairo, il ministro russo incontrerà anche il segretario generale della Lega araba, Ahmed Aboul Gheit, e i rappresentanti permanenti della Lega araba, con lo scopo anche qui di raccogliere il sostegno del mondo arabo nel confronto con l’Occidente. Mosca prova a convincere i Paesi africani delle maggiori opportunità che deriverebbero dallo schierarsi contro l’Occidente, promettendo aiuto a “completare il processo di decolonizzazione”.
Ma è chiaro, sottolineano gli analisti, che in gran parte del continente c’è una riluttanza a prendere posizioni nette: è ancora vivo il ricordo dell’impatto devastante derivato dalla Guerra Fredda, che in Africa ha alimentato conflitti e ostacolato lo sviluppo. Il mini-tour africano di Lavrov è stato preceduto da una polemica su Telegram della sua portavoce, Maria Zakharova, secondo la quale “i diplomatici americani stanno bussando a diverse porti in diversi Paesi, implorando di non farsi fotografare con Lavrov, in modo che queste foto non vengano utilizzate dalla Russia come prova del mancato isolamento”. “Gli americani non si rendono nemmeno conto che per questi scopi non usiamo fotografie, ma ci basta il loro stesso atteggiamento: la stupidità, l’aplomb e la totale mancanza di senso della realtà degli alti funzionari degli Stati Uniti”.