AGI – Si delineano, nette, le posizioni con cui i tre principali partiti di centrodestra si avvicinano all’appuntamento cruciale in vista del voto del 25 settembre. Per Fratelli d’Italia, parla Giorgia Meloni e chiarisce che “non avrebbe senso andare a governare insieme”, senza un accordo sulle regole, che comprenda il metodo di spartizione dei collegi uninominali e le modalità di indicazione del candidato premier.
La presidente di FdI aggiunge poi di “confidare che si vorranno confermare, anche per ragioni di tempo, regole che nel centrodestra hanno sempre funzionato” e che il suo partito ha “sempre rispettato e non si capisce per quale ragione dovrebbero cambiare oggi”. Tradotto: spartizione dei collegi in base ai sondaggi e regola che il partito che prende più voti indica il presidente del Consiglio, in caso di vittoria alle elezioni.
Sul tema della premiership, Matteo Salvini conferma la ‘sponda’ a Meloni, offerta già nei giorni scorsi. Il segretario leghista chiede agli alleati di “lasciare alla sinistra le liti e le divisioni”. E ribadisce: “Chi avrà un voto in più, avrà l’onore e l’onere di indicare il premier”.
Diversa è la posizione di Forza Italia. Il partito di Silvio Berlusconi sta attraversando un periodo difficile, ‘tormentato’ dagli addii dei ministri Mariastella Gelmini e Renato Brunetta e dall’apertura di una riflessione da parte di Mara Carfagna, dopo la mancata fiducia al governo Draghi. Oggi due parlamentari, Annalisa Baroni e Giusy Versace, e un assessore lombardo, Alessandro Mattinzoli, hanno seguito Gelmini.
Nei prossimi giorni potrebbero esserci altri addii.
Mentre la responsabile per i rapporti con gli alleati Lucia Ronzulli si è detta convinta che Carfagna non lascerà FI. In questo clima di tensione, i vertici azzurri sono contrari, perchè lo ritengono divisivo, a ogni ipotesi di anticipo del tema della premiership.
Temono che ogni indicazione su Meloni possa creare nuove tensioni o faccia perdere consensi in campagna elettorale. Vogliono prendere tempo e spostare la discussione a più avanti. Silvio Berlusconi lo ha detto espressamente nelle interviste rilasciate in questi giorni.
“Credo sinceramente che questo sia il meno importante dei problemi – ha scandito il Cavaliere -. Quello che dobbiamo definire non è un nome, è un progetto comune da proporre agli italiani, credibile in Europa e nel mondo. Poi, alla fine del percorso, ragioneremo insieme sul nome più appropriato da proporre al presidente Mattarella come nuovo presidente del Consiglio”. “Affronteremo il problema al vertice”, aveva assicurato.
Quello di mercoledì quindi si preannuncia un vertice con nodi importanti sul tavolo. Meloni ha ottenuto che si tenesse a Palazzo Montecitorio e non in una residenza privata dell’ex premier come avviene tradizionalmente da decenni. E anche questo è un segnale del nuovo corso che vuole dare a una alleanza a chiaro traino FdI. Da via della Scrofa si chiede quindi che non via sia una modifica delle regole usate dall’alleanza fino a ora. Non sono regole che abbiamo scelto noi, ma che hanno scelto loro quando erano più forti – si sottolinea – noi non vogliamo cambiarle e chiediamo pari dignità, ora che siamo noi i più forti. Per quanto riguarda la spartizione delle candidature nei collegi elettorali, FdI chiede, come ha sottolineato il capogruppo alla Camera Francesco Lollobrigida, di avere circa il 50% dei collegi.
L’obiettivo è di replicare il metodo usato nel 2018, quando gli alleati si trovarono attorno a un tavolo, ognuno con il sondaggio commissionato a un istituto di fiducia e decisero le quote in base alla media dei tre sondaggi. Una volta confermato il metodo – si precisa da FdI – non è escluso che da parte nostra non ci siano aperture, gesti di generosità per esempio su alcuni collegi da attribuire ai centristi.
Ma il metodo deve essere confermato, si insiste. Nel 2018, poi si divisero i collegi in sei fasce – ricorda un dirigente – in base alle possibilità di vittoria e si ripropose la quota proporzionale di ogni partito in ciascuna fascia. Anche per quanto riguarda la leadership, infine, da via della Scrofa è interpretato un gesto di generosità della leade di FdI, quello di non pretendere una campagna incentrata su ‘Meloni premier’ ma di chiedere semplicemente che spetti al partito che avrà più voti indicare un nome per Palazzo Chigi a Sergio Mattarella, in caso di vittoria delle coalizione.
Calenda apre al PD
Intanto Carlo Calenda apre al Pd. Poi l’incontro con Renzi. Letta? “Gli vogliamo bene, è una persona seria. Siamo disponibili a discutere con tutti sulle cose da fare”, ha detto il leader di Azione a margine della presentazione del Fronte Repubblicano per le elezioni nella sede della stampa estera.
Nella serata di lunedì Calenda ha incontrato anche il leader di Italia viva. “E’ chiaro che Carlo Calenda ha molte posizioni per molti aspetti simili, tant’è che abbiamo lavorato insieme e io l’ho voluto ministro e ambasciatore, l’ho sostenuto come candidato sindaco a Roma. Poi quello che farà Calenda è giusto che lo dica lui. Del resto ha visto, o sentito, Enrico Letta”, ha detto Renzi a Zona Bianca su Rete4-
“Io – riprende il leader Iv – ho detto che se c’è un progetto serio per il Paese sono disponibilissimo a dare una mano, a aiutare. Se invece si deve fare una discussione sulle alleanze priva di contenuti reali, facciamo una cosa semplice e andiamo da soli”.