Atmosfere soffuse e magiche, paesaggi che entrano nell’anima, la pittura di Mirella Scotton raccoglie il fascino della realtà naturale che si imprime nella mente dell’osservatore. L’artista è un vero talento innato, iniziare da autodidatta per poi avere un’exploit in ambito tecnico pittorico il passo è stato breve. Incontriamo Mirella Scotton, che ci regala un pezzo di storia della sua arte.
Come ha deciso di iniziare a dipingere? Ci può raccontare gli inizi della sua carriera? Fin da piccola sono sempre stata brava a disegnare e colorare, come tantissimi bambine, ma avevo quella marcia in più perché comprendevo la prospettiva senza conoscenza tecnica. Negli anni ho imparato ad usare i colori ad olio, merito anche di qualche artista che si dilettava a ritrarre qualche passante a Venezia o a pennellare dei cieli immensi, rubavo segreti con gli occhi, poi studiavo per conto mio le varie tecniche usate dai grandi pittori, così pian piano crescevo artisticamente. Ci fu qualche concorso, poi le piccole esposizioni d’arte mi diedero delle belle soddisfazioni. Avevo capito che questo era ciò che volevo: fare arte sul serio. Così la mia prima mostra personale nel 2001 fu un bell’impatto e da lì si susseguirono una serie di mostre personali e collettive sia in Italia che all’estero con grandi soddisfazioni, specialmente a Parigi dove il mondo passato degli artisti lasciano un segno indelebile nel presente.
Si è dedicata alcuni anni alla decorazione della ceramica, poi cosa l’ha portata sulla strada della pittura ad olio? Premetto che non ho mai abbandonato la pittura ad olio, ho avuto l’opportunità di creare alcuni progetti in un’azienda industriale di decorazione su piastrelle in ceramica, è stato un intervallo molto costruttivo che ha aggiunto un valore in più.
Le sue pittore molto spesso raffigurano paesaggi della laguna veneta, dove è cresciuta e gli scorci fluviali del Sile, cosa la porta a dipingere questi e soprattutto qual è il suo rapporto con la natura? I ricordi, i momenti vissuti felicemente e non, gli istanti, i colori e gli odori del passato che ho sempre descritto sulle tele mi portano a casa mia. Tra la salsedine del mare ed il salmastro della laguna veneta ci sono gli occhi di mio padre, con il suo sostegno ed incitamento a non mollare e a non permettere che nessuno nella vita ti tolga questo dono. Il fiume Sile nel trevigiano è stato oggetto di ispirazione per una gran parte dei miei quadri, i colori straordinari di alberi riflessi, gli scorci di piccoli stagni con ninfee, una natura di rara bellezza che vista vogando su una “Mascareta” (imbarcazione veneziana da regata), ho potuto cogliere colori magici e sensazioni da trasmettere nelle tele.
Quando dipinge persone invece, sono frutto della sua fantasia o sono persone veramente conosciute? Agli inizi dipingevo molti ritratti perché spesso mi venivano commissionati, poi ho cominciato ad osservare meglio le persone, ero attratta dal movimento, lo sport soprattutto, da ex atleta mi piaceva ripercorrere quei movimenti sulla tela, così anche per le ballerine parigine. Oggi si fa un po’ fatica ad avere modelle o modelli in studio per ore o giorni com’era un tempo. Inoltre, il mondo della pittura esige tempi rapidi di esecuzione dell’opera; perciò, per incontrare la domanda ci si affida a foto professionali o una ricerca in internet.
Fra tutte le sue opere, qual è quella che ha amato di più? Ce ne sono più di una e la maggior parte sono appese alle pareti di tante abitazioni. Però, quelle a cui non voluto rinunciare, perché rappresentato soprattutto un significativo valore personale dal punto di vista affettivo sono due quadretti che ho dipinto tra gli 8 e i 12 anni.
Oggi è una pittrice di successo, quanto è stato difficile arrivare a questo punto e soprattutto cosa si sente di consigliare ai giovani che amano la pittura e l’arte, ma troppo spesso vengono demotivati anche dalla stessa famiglia? Penso di non essere ancora arrivata in quanto il mio percorso artistico è in continua evoluzione e la via del miglioramento è una meravigliosa strada senza meta, ma ricca di sorprese. Non ho accettato compromessi e ho preferito camminare con le mie gambe, una scelta più impegnativa ma più costruttiva. Le soddisfazioni arrivano in ogni caso. Provengo da una generazione dove si inizia a disegnare con la matita e poi si dipinge con il pennello. Ora i metodi di apprendimento sono cambiati velocemente e si passa direttamente ad un tablet dove chiunque può fare capolavori. Chi vuole fare l’artista deve credere molto nelle sue capacità, spesso non è colpa del gallerista se non è riuscito a vendere il tuo quadro, ci vuole molta umiltà e per distinguere quando un’opera è buona o no. Credo fermamente che i genitori debbano consigliare ai propri figli di avere un titolo di studio: se c’è la predisposizione artistica perché non incoraggiarlo? Se c’è un artista dentro la sua anima verrà fuori, indipendente che faccia il medico o l’infermiere.
Concludendo, quali sono i suoi progetti futuri? Ho alcuni progetti embrionale che sto sviluppando grazie alla collaborazione con alcune gallerie d’arte tra cui Esse&rre, Fondazione Mazzoleni e Divitas.
Eleonora Francescucci