Nell’ambito della seconda edizione del Festival di Film di Villa Medici che si terrà a Roma da mercoledì 14 a domenica 18 settembre 2022, saranno presentati quattordici film in competizione internazionale. Queste produzioni, di tutte le durate e i generi, includono 2 film presentati in prima mondiale e 9 prime italiane. Anche quest’anno, artisti, registi e pensatori di tutti i continenti si danno appuntamento a settembre a Villa Medici per celebrare la vitalità delle pratiche cinematografiche contemporanee attraverso una selezione di proposte – film d’autore, cinema d’essai, fiction o documentari – che si distinguono per l’originalità del discorso o della forma. In un’epoca in cui lo storytelling è nella migliore delle ipotesi uno strumento di lavoro e nella peggiore dei casi un’arma da guerra, gli artisti e i registi contemporanei sono necessariamente messi di fronte alla questione della narrazione, intima o politica, in un movimento riflessivo che mette in discussione la materia stessa della loro arte. Ciascuna delle opere in gara sovverte a suo modo i codici di questi racconti individuali o collettivi.
Sostituire il racconto dei vincitori con quello dei vinti significa riscrivere la storia alla luce di una morale della minoranza (per riprendere le parole del filosofo francese Didier Eribon). In “Moune Ô” di Maxime Jean-Baptiste, le comparse di un film sulla colonizzazione della Guyana rivendicano l’immagine del loro popolo assente dall’immaginario francese; in “Mangrove School” di Filipa César e Sónia Vaz Borges, gli scolari guerriglieri sistemano quaderni e matite tra le mangrovie della Guinea-Bissau.
Questi personaggi assenti dalle rappresentazioni del secolo scorso fanno gioiosamente irruzione nel nostro secolo, sfrenati, orgogliosi e con una smorfia sul viso. Come la strana figura, senza sesso né età identificabili, che impersona l’artista guatemalteco maya Edgar Calel in “Xar” scritto insieme a Fernando Pereira dos Santos: un essere la cui potenza originale fa esplodere qualsiasi cosa attraversi, tanto lo spazio quanto il tempo. Un misticismo politico su cui lavora anche l’artista libanese Ali Cherri con “Le Barrage”, la sua favola di resistenza girata nel Sudan in guerra.
Questa ricerca di un’altra narrazione avviene spesso attraverso il ritratto degli Antichi, in una filiazione che i film mettono in discussione. Sparite le memorie dei nostri padri al loro posto ci sono le nonne, protagoniste della trasmissione al centro di “Kicking The Clouds” di Sky Hopinka, cineasta indiano d’America, e di “Into The Violet Belly” dell’artista tedesca di origine vietnamita Thùy-Hân Nguyễn-Chí, rivelazione dell’ultima Biennale di Berlino.
Questi antenati, ai cui film si richiamano, sono anche gli artisti che li ispirano. In “À Vendredi, Robinson”, Mitra Farahani, con il suo inimitabile talento nell’ammansire le anime selvagge, riunisce Ebrahim Golestan e Jean-Luc Godard in una favola inaspettata in cui è difficile dire chi sia più serio o più malizioso. Éric Baudelaire raccoglie la parola del compositore d’avanguardia Alvin Curran contestualizzandola nella Roma delle Brigate Rosse in “When There Is No More Music To Write, And Other Roman Stories”.
Dopo L’estate di Giacomo e I tempi felici verranno presto, Alessandro Comodin continua a lavorare sul territorio del suo paesino al confine tra Friuli e Veneto, con il ritratto di un poliziotto sognatore e strampalato, “Gigi la legge”, suo zio, che sfata i luoghi comuni più duri a morire sul Nord e il Sud dell’Italia. Altro territorio assurdo e familiare nel secondo lungometraggio di Tyler Taormina, “Happer’s Comet”, sorprendente ritratto notturno e lynchiano della classe media di una città di medie dimensioni, che condivide i segreti silenziosi di coloro che il cinema non riprende mai.
Ma per far ascoltare una storia è necessario innanzitutto ascoltarla. Con “Saint Omer“, la sua prima fiction, la documentarista Alice Diop mette in scena la storia di una madre infanticida. Questo andirivieni tra parlare e sentire rivelerà le ferite politiche della società francese.
Il cinema pensa l’inascoltabile, ma anche l’inguardabile. In “De Humani Corporis Fabrica“, Véréna Paravel e Lucien Castaing-Taylor (Léviathan, Caniba) penetrano all’interno del corpo umano con le nuove telecamere che i medici usano per gli interventi chirurgici o le diagnosi. Tra sacro e volgare, gli organi e gli stati convocati – l’occhio, il sesso, il cuore, il cervello, l’oblio, la morte, la nascita – creano vere e proprie deflagrazioni metafisiche.
Infine, raccontare l’irraccontabile, è il compito doloroso che si è dato la scrittrice siriana Samar Yazbek, di cui il nuovo film di Rania Stephan, “Le Champ Des Mots”, fa un indimenticabile ritratto – quello di un essere la cui umanità è irrimediabilmente ferita.
“The Demands of Ordinary Devotion”, il titolo del film di Eva Giolo, potrebbe riassumere da solo la domanda che anima i film della competizione internazionale 2022. Come abitare il nostro mondo malato? La giovane artista belga risponde con un inventario di gesti di cura, quelli che ci inseriscono ogni giorno nel tempo della vita e della creazione.
Le proiezioni dei film in concorso saranno seguite da incontri con i registi presenti a Villa Medici e saranno completate da una programmazione parallela Focus che invita a scoprire film di artisti fuori concorso, masterclass e incontri. Infine, ogni sera, il pubblico del festival si riunirà sul Piazzale, davanti alla facciata storica e ai giardini di Villa Medici, per proiezioni all’aperto di film recenti, tra cui numerose anteprime, ma anche classici del cinema in versione restaurata.
La giuria, composta da Marie Losier, Pietro Marcello e Sylvain Prudhomme, svelerà il suo palmarès durante la grande serata di sabato 17 settembre. La giuria assegnerà due premi: il Premio Villa Medici per il miglior film e il Premio della Giuria per un film originale particolarmente apprezzato dai giurati. Questi premi, che prevedono compensi in denaro, offriranno l’opportunità ai due autori o alle autrici di essere ospiti in residenza presso Villa Medici.
Il comitato organizzativo del Festival di Film di Villa Medici è composto da Alizée Alexandre (referente per la programmazione culturale dell’Accademia di Francia a Roma – Villa Medici), Lili Hinstin (programmista e direttrice artistica di festival), Laurent Perreau (autore e regista), Sam Stourdzé (direttore dell’Accademia di Francia a Roma – Villa Medici) e Véronique Terrier Hermann (storica dell’arte e programmista). Ogni anno viene designato un comitato di selezione con il compito di scegliere i film in concorso.
COMITATO DI SELEZIONE 2022:
Leonardo Bigazzi dal 2008 è curatore del Festival Lo Schermo dell’Arte e dal 2012 di VISIO – European Programme on Artists’ Moving Images. Dal 2020 ricopre il ruolo di curatore presso la Fondazione In Between Art Film, per la quale si occupa di commissionare e produrre film d’artista.
Farah Clémentine Dramani-Issifou è curatrice di mostre, programmista di film per festival (Settimana della Critica – Festival di Cannes, Festival Internazionale del Film di Marrakech) e ricercatrice. È docente presso la HEAD di Ginevra. Il suo lavoro di ricerca e creazione si concentra sul cinema e le arti visive della diaspora africana.
Mathilde Henrot è fondatrice dei siti Festival Scope e Festival Scope Pro con Alessandro Raja. Da molti anni si occupa della programmazione di festival cinematografici online e in sala, tra cui i festival di Sarajevo e Locarno.
Lili Hinstin è programmista e direttrice artistica di festival. Referente per il cinema a Villa Medici tra il 2005 e il 2009, è stata programmista per il festival Cinéma du Réel dal 2010 al 2013. Lili Hinstin si è occupata in seguito della direzione artistica del Festival del Film di Belfort (2013-2018) e del Festival Internazionale di Locarno (2018-2020).