Una folta e calorosa platea, al Palazzo della Cultura (ex Platamone) di Catania, la sera del 13 settembre, ha a lungo applaudito “L’uomo dal fiore in bocca” di Luigi Pirandello, adattato e diretto da Pino Pesce. Un vero e proprio successo teatrale, grazie all’originale rivisitazione del testo, alla professionalità degli artisti, alle musiche e ai video. La pièce faceva parte della manifestazione estiva Catania Summer Fest, patrocinata dall’Assessorato alla Cultura del Comune della Città etnea. Ne è stato brillante protagonista Mario Opinato (L’uomo dal fiore in bocca), attore catanese di spessore internazionale che ha ben retto un ruolo difficile in un dialogo con l’avventore (Gabriele Vitale, ottima spalla) di un bar notturno. Oltre i due attori, propri del testo classico, in scena, create dall’adattamento di Pesce, anche due insolite artiste: una giocoliera ed una ballerina; la prima, Valentina Signorelli (Allegoria della Vita e del Tempo), la seconda, Rossella Motta (Allegoria del Trapasso). Ma hanno arricchito il valore del dramma la voce fuori campo del grande Pino Caruso, le suggestive musiche di Elisa Russo e l’originalità dei video dei videomaker Vincenza Mastroeni ed Alfio Cosentino.
Il regista con il suo rifacimento ha voluto comunicare allo spettatore la sua personale visione: far credere che con la morte non finisce tutto. Questo lo ha detto attraverso lo stesso Pirandello, con richiami del mito classico e con spunti riflessivi che si rifanno alle religioni orientali e alla cristiana. L’opera difatti chiude con un‘apertura alla speranza, carica di aspettative pur se dentro molte incertezze umane. L’azione si svolge all’esterno di un caffè di una stazione ferroviaria, illuminata da deboli luci notturne. In questo scenario, un pacifico avventore, che ha perduto l’ultimo treno serale, si ritrova ad ascoltare la storia dolorosa di un uomo malato di cancro: simboleggiato come un fiore che la morte gli ha ficcato in bocca.
Il dramma multimediale, come chiarisce il professore Pesce sulla scia leopardiana, “non è un vero dialogo ma un monologo fra l’uomo razionale, cosciente del proprio male, e l’uomo comune preso dalle mille premure della vita che deve però essere vissuta ad ogni costo in ogni sua formalità per non turbarne l’equilibrio; per cui ne scaturisce una meditazione sull’esistenza umana e la necessità di dare un senso alle cose, anche quando il senso è distante.”
I dialoghi parlano di incertezza, ma alla fine sono rivestiti di speranza anche se non suffragati dalla certezza assoluta. Lo spettacolo vuole far riflettere sulla imprevedibilità della vita e su ciò che la rende ancora più misteriosa. Tutto questo è stato ben espresso dalla carica passionale e vitale di Opinato che è andato oltre la tradizionale sopravvivenza dell’Uomo dal fiore in bocca, dall’agilità recitativa di Vitale, dalla novità delle due artiste che rappresentano le allegorie, dall’accattivante voce fuori campo del caro compianto Caruso, dalle suggestive, spesso nostalgiche, note della Russo e dalla forza espressiva delle immagini di Mastroeni e Cosentino.