“Non voglio entrare nel merito del caso specifico, ma ritengo si tratti del caso di un detenuto che accede a pene alternative, come previsto dalla legge”. Interpellato dall’AdnKronos Gregorio De Falco, già capo della sezione operativa della Capitaneria di porto di Livorno, al tempo del naufragio della Costa Concordia, nel 2012, non mostra sorpresa per la notizia della possibile uscita dal carcere di Francesco Schettino, ex comandante della Costa Concordia, che sta scontando a Rebibbia la pena di 16 anni di reclusione per il naufragio che costò la vita a 32 persone.
Per Schettino, in carcere dal 2017, si ipotizza la possibilità di accedere alla Discoteca di Stato e occuparsi della digitalizzazione di processi, in particolare quello di Ustica. De Falco, che coordinò da terra le operazioni di soccorso della Concordia, ci tiene a sottolineare che “quanto leggo su alcuni organi di stampa farebbe pensare che siamo di fronte a un detenuto liberato, ma così non è: siamo di fronte a una forma diversa di espiazione della pena“.
“Una forma costituzionalmente orientata di rieducazione, volta a far sì che una persona che ha sbagliato, commesso un reato, possa trovare modo di riprendere una socialità” con una soluzione che “può contrastare la tendenza alla recidiva, in linea generale”, spiega De Falco. “Certa stampa, sta invece facendo passare l’idea di una surreale premialità, che non c’è“, sottolinea. “Il lavoro per un detenuto è un diritto, lo dice anche la Costituzione. Dopo aver affermato le responsabilità dell’individuo, lo Stato si fa carico della responsabilità solidale della società”.
“Nel merito del tipo di lavoro non mi scandalizza che debba digitalizzare atti di processi, neanche se fossero sul caso Concordia, come riporta qualche organo di stampa”, conclude.