Tra l’8 e il 9 il presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, dovrebbe finalmente dimettersi. Si tratta delle dimissioni più obbligate e in contempo ritardate della nostra Storia. Sì,perché il neo deputato della Repubblica, Onorevole Nicola Zingaretti, avendo acquisito lo scranno a Montecitorio risulta incompatibile nella carica di presidente di un’amministrazione territoriale le cui azioni dipendono da un’asse direzionale che deriva dal potere legislativo. Dovrebbe essere abc di qualsiasi quotidianità regolamentaria nelle normali attività legislative. Eppure si devono attendere un mese e circa venti giorni per avere un atto che dovrebbe andare in automatismo. Le titubanze dell’ancora presidente della Regione Lazio erano da attribuirsi ad alcuni atti decisivi per il buon andamento della regione che avevano bisogno della firma del presidente ancora in carica. Si tratta quasi esclusivamente della politica ambientale che prevede la realizzazione di impianti di termovalorizzazione e di trattamento meccanico biologico dei rifiuti.
Senza Zingaretti questa linea direzionale potrebbe essere assai più in discussione col Movimento Cinque Stelle che preme per cancellare l’effetto delle determinazioni già prese.
Ed il nodo del contendere infatti resta su coloro a cui passerà la patata bollente di espletare queste indicazioni direzionali che trovano nei territori fiere rimostranze.
Se da una parte Maximo D’Alema non si rassegna alla vita privata ma corteggia da par suo Giuseppe Conte per convincerlo ad un’alleanza col PD, l’ex presidente del Consiglio, ultimo in carica tra i due, vuole sia chiaro la rinuncia da parte del PD sulla decisione relativa ai termovalorizzatori per la quale già fece cadere prematuramente il governo di Mario Draghi.
Non sente ragioni Carlo Calenda di Azione. Vuole che si parta con una propria candidatura senza stare ad ascoltare le pastoie pentastellate.
D’altra parte neanche il PD ha una candidatura certa. Divisi tra Daniele Leodori e Alessio D’Amato potrebbero trovare in un terzo escluso la quadra. Difficile però convincere le due grandi fazioni interne che parteggiano rispettivamente per l’ex vicepresidente e per l’’ex-assessore alla Sanità.
L’altro mondo lavora in riservatezza ma pare proprio che, al momento, la figura preminente possa essere il presidente della Croce Rossa, Francesco Rocca. L’omonimo del leggendario terzino della Roma però potrebbe essere anche uno specchio per le allodole da fornire ai gazzettieri in cerca di primizie, mentre la coalizione pensa a un personaggio di respiro nazionale e interno ai partiti.
Ci attendono cinque giorni perché le consultazioni consumino l’ultimo uomo utile (o donna). Nel frattempo il silenzio impera, sul da farsi e su chi dovrà farlo.