Il generale Luciano Garofano è ex Comandante del RIS di Parma, presidente dell’accademia italiana di Scienze forensi, è coautore del manuale “Il soccorritore sulla scena del crimine” (gruppo editoriale Simone).
L’ultima immagine della giovane 18enne Saman ancora viva sarebbe data 1° maggio 2021 alle ore 00:09 mentre lascia la casa dei genitori con uno zainetto in spalla, ripresa dalla inquadratura di una telecamera di sicurezza. Il casolare di Novellara, a 700 metri circa dalla loro abitazione diventerà il luogo del delitto. La richiesta dei suoi documenti dopo la denuncia ai carabinieri (22 aprile 2021), questo sembrerebbe il motivo per cui la ragazza sarebbe tornata a casa, trovando la morte.
Un bacio con il fidanzato postato su facebook, una vita all’occidentale, il rifiuto al matrimonio combinato sembra l’abbiano portata alla morte, una figlia che non ha trovato l’amore della famiglia, la comprensione, quella libertà di autodeterminazione, ma il crudele seppellimento dopo essere stata uccisa con modalità ancora da chiarire, sempre che si tratti del corpo della ragazza pakistana.
Nel rudere poco distante dall’abitazione della famiglia Abbas, è stata ritrovata seppellita ad una profondità di 1,60 centimentri, su indicazione dello zio Danish Hasnain, oggi in carcere. Lo zio figura tra i cinque imputati per l’omicidio, come pure il padre Shabber Abbas, i due cugini Ikram Ijaz e Nomanhulaq Nomanhulaq, oggi in carcere a Reggio Emilia, e la mamma Nazia Shaheen, ancora latitante.
Dopo un anno dalla sua morte, sempre che si tratti del corpo di Saman, gli abiti che indossava al momento del dissotterramento e la collanina sarebbero gli stessi che l’hanno ripresa l’ultima volta nel suo viaggio verso l’inferno con al fianco la sua famiglia che avrebbe dovuto proteggerla. Un corpo “sostanzialmente integro”, spiega il procuratore di Reggio Emilia, Calogero Gaetano Paci, mentre il padre di Saman Shabber Abbas, dopo che ha affermato “Ho ucciso io mia figlia per la mia dignità ed onore” in una intercettazione durante una conversazione telefonica a giugno 2021, dichiara ai magistrati in Pakistan che sua figlia è ancora viva.
Abbiamo sentito il generale Luciano Garofano sul caso Saman.
Per quanto riguarda il riconoscimento del corpo, ci spiega l’ex generale del RIS di Parma, probabilmente la scelta della Procura di Reggio Emilia sarà quella della identificazione da parte del fidanzato della giovane pakistana, “ma non escludo che la Procura possa invitare anche il fratello minorenne di Saman”.
Nella famiglia il fratellino è stato il meno coinvolto anche dal punto di vista della esecuzione materiale, ci spiega il generale.
Parallelamente al riconoscimento da parte del fratello e/o del fidanzato verranno effettuati “i riconoscimenti antropometrici (l’antropometria è la scienza che studia le misure del corpo umano nel suo insieme – statura, peso – o in segmenti – testa, tronco, arti -. Tecnica di analisi e valutazione) per i quali è “stata chiamata la professoressa Cristina Cattaneo, un’antropologa forense, medico legale”.
Riconoscimento del corpo da parte dei familiari, riconoscimenti antropometrici ed esame del DNA saranno utili per avere la certezza che si tratti della ragazza pakistana, “rea” di essersi fidata della sua famiglia e di aver tentato di ribellarsi ad una forma di violenza che ancora dilaga in alcune culture ed orientamenti di vita.
Ci spiega il generale che “per un esame del DNA su un corpo abbastanza recente come quello di Saman, il tempo necessario potrebbe essere quello di una settimana o anche meno”, ma è ovvio che dipende dal carico di lavoro che “hanno i colleghi del RIS di Parma”.
Essendo accertamenti irripetibili, ci osserva il generale, è necessaria la partecipazione anche dei consulenti della difesa, per cui il tempo tecnico si allungherà “a causa di un tempo giuridico, delle formalità che il nostro codice prevede affinché la prova sia valida ai fini giuridici”.
E’ indubbio che il medico legale, continua l’ex generale del RIS di Parma, si debba concentrare “sulle cause della morte”.
Il corpo è stato ritrovato il 19 novembre scorso nel rudere a 700 metri dall’abitazione dove la famiglia Abbas viveva e lavorava come braccianti. Il corpo è stato dissotterrato il 27 novembre intorno alle 22 per essere portato al laboratorio di medicina legale dell’università di Milano.
Il 10 febbraio 2023 presso il Tribunale di Reggio Emilia inizierà il processo in dibattimento per i cinque imputati per omicidio premeditato, sequestro di persona e soppressione di cadavere.
Se verrà confermato che il corpo rinvenuto è quello della giovane ragazza pakistana, cosa che sembra quasi una certezza, almeno ci auguriamo abbia una degna sepoltura con al fianco le poche persone che l’hanno amata veramente e che la porteranno sempre nel cuore.
Ogni morte di una donna è molto spesso annunciata, arrivare “prima”, molte volte salva la vita, i segnali dei “reati spia” molte volte sono chiari, ma forse non per molti ed ancora, ed ancora un’altra donna è stata ammazzata e non facciamo altro che commemorarla!
Di Giada Giunti