AGI – Il nuovo rialzo dei tassi deciso dalla Bce spinge la traiettoria del costo dei prestiti verso il 6%. L’analisi è della Fabi, secondo cui se i tassi medi si sono attestati, nel mese di ottobre, attorno a quota 3,2%, quando il costo del denaro era al 2%, sul mercato alcuni intermediari propongono, già oggi, mutui con interessi superiori al 5%. Con il costo del denaro aumentato di mezzo punto percentuale al 2,5%, l’orizzonte del 6% appare sempre più vicino.
“La decisione della Banca centrale europea farà alzare i tassi di interesse sui mutui alle famiglie, ad eccezione di quelli a tasso fisso, già contratti con le banche. Le famiglie italiane, comunque, non devono rinunciare al sogno della vita, l’acquisto della casa, perché quando i tassi d’interesse caleranno e diventeranno più favorevoli, sarà possibile estinguere il vecchio mutuo con uno nuovo più vantaggioso. Per i giovani che vogliono acquistare casa è indispensabile che il governo rafforzi economicamente il Fondo statale di garanzia”, commenta il segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni.
I dati sui prestiti di fine anno confermano i timori degli ultimi mesi e preoccupano tanto le famiglie, costrette a rinviare prima o poi l’acquisto di una casa, quanto le imprese, che perseverano nel soffrire il peso di un costo del debito che potrebbe diventare quasi insostenibile nel breve periodo. Nel corso dell’ultimo quinquennio, i mutui ipotecari sono risaliti di ben 46,1 miliardi (+12,2%) da 379,1 miliardi a 425,2 miliardi, il credito al consumo di 11,9 miliardi (+11,7%) da 102,5 miliardi a 114,4 miliardi mentre gli altri finanziamenti sono calati di 4,1 miliardi (-2,9%) da 144,7 miliardi a 140,5 miliardi.
Per quanto riguarda le imprese, nello stesso periodo si è registrata una riduzione complessiva dei finanziamenti a due cifre e pari a 11,4 miliardi (1,7%) passando da 678,5 miliardi a 667 miliardi: tale decremento ha riguardato principalmente la componente dei prestiti di breve periodo per 65,8 miliardi (-30,3%), riduzione che non ha compensato la crescita registrata sul versante dei prestiti oltre i 5 anni, aumentati di 59,39 miliardi (19,9%). Sul versante dei prestiti a medio termine (fino a 5 anni), la riduzione è stata più contenuta ma ha comportato comunque una contrazione di ben 4,9 miliardi (-3,0%).
Dal 2018 a ottobre 2022, il credito alle famiglie è aumentato di 54 miliardi, con un aumento dell’8,6% che ha portato lo stock da 626,2 miliardi a 680,2 miliardi. Le maggiori accelerazioni sono state conseguite nei comparti mutui prima casa e prestiti al consumo mentre un calo – seppur contenuto – si e’ concentrato nel comparto “altri finanziamenti”.
Nei primi 10 mesi dell’anno in corso, i finanziamenti delle banche alle famiglie sono cresciuti in media del 2,6%, contro un 1% di aumento dei prestiti alle imprese. Sebbene l’incremento complessivo sia un segnale di tenuta del sistema dei finanziamenti, l’analisi degli ultimi dati disponibili mostra segnali di preoccupazione e tensione, per tutte le categorie, ma con particolare riferimento al sistema produttivo del Paese che è sull’orlo di un nuovo credit crunch generato dai tassi.
In particolare, per quanto concerne le famiglie, ad ottobre si è registrato un aumento complessivo dei finanziamenti di scarsi 900 milioni, da 663,2 miliardi a gennaio 2022 a 680,3 miliardi a ottobre: tale incremento è stato favorito dal solo rialzo dei prestiti per acquisto casa per 14,9 miliardi (+3,6%), accompagnata da una modestissima crescita registrata dei prestiti al consumo, aumentati di 3,6 miliardi.
Per le imprese italiane, il calo dei prestiti nei dieci mesi è evidente in tutte le categorie. Nel solo mese di ottobre è diminuito complessivamente di quasi 10 miliardi, portando lo stock totale da 660,5 miliardi a 667 miliardi. I prestiti a breve scadenza sono diminuiti di ben 5,5 miliardi (-3,5%) da 156,7 miliardi a 151,2 miliardi, mentre i prestiti fino a 5 anni subiscono una frenata di 1,4 miliardi (-0,9%) da 159 miliardi a 157,7 miliardi. Anche il comparto dei finanziamenti a lungo termine subisce una battuta d’arresto, con una riduzione di 2,5 miliardi (+0,7%) da 360,9 miliardi a 358,1 miliardi.
Piero Santarelli