ROMA – L’incontro nella capitale con Francesco M., il giovane escort di Napoli che ha avuto il coraggio, nel programma Le Iene su Italia1, di denunciare e smascherare le arroganze di un sacerdote di Massa Carrara, il quale avrebbe utilizzato anche i proventi dei suoi fedeli per condurre una vita di stravaganze ed eccessi oltre che di inganni nei confronti di ragazzi che teneva sotto scacco con l’illusione di un lavoro, spacciandosi per magistrato.
La sua formazione universitaria ha sicuramente aiutato culturalmente Francesco a guardare il mondo da più angolazioni, per capire effettivamente tutte le sfumature e le sfaccettature di una società ancora vittima di pregiudizi, intolleranze e discriminazioni.
La scorsa settimana c’è stata la grande polemica che ha coinvolto gli allenatori Sarri del Napoli e Mancini dell’Inter, dove l’Italia si è divisa tra innocentisti e colpevolisti. Ma resta il problema di fondo nel nostro Paese: lo spinoso tema dell’omofobia. Senza una legge specifica, sarà difficile contrastare le discriminazioni. Quante volte nella tua vita hai dovuto subire pregiudizi ed offese omofobe?
Personalmente non sono mai stato vittima di pregiudizi o offese per il mio orientamento sessuale. Non so se sia stata una questione di fortuna o se sia dovuto alla mia capacità di frequentare persone intelligenti. Ma ciò non toglie che l’omofobia sia oggi un’emergenza. Se è vero che abbiamo fatto dei passi avanti rispetto a qualche lustro fa, quando le offese per l’orientamento sessuale o, peggio ancora, per l’effeminatezza, erano all’ordine del giorno e nessuno osava denunciarle, è pur vero che il cammino è ancora lungo e non è sufficiente che oggi l’omofobia sia riconosciuto come un comportamento socialmente riprovevole: bisogna arrivare a sradicarla dal sentito comune, soprattutto da quello delle nuove generazioni.
Pensi che l’omofobia sia sostanzialmente una distorta costruzione culturale, figlia di una mancanza di informazione tra i giovani nelle scuole sul tema dell’integrazione dell’accettazione della diversità? Avverti negli altri la paura nei confronti delle diversità?
Ritengo che l’omofobia sia figlia di una cultura che considera un genere superiore all’altro e un orientamento sessuale superiore all’altro. E questa ideologia va superata partendo dalla base, cioè dalla famiglia e dalla scuola. Per le generazioni precedenti era un lusso per pochi potersi permettere di fare coming out in famiglia o a scuola: oggi, per fortuna, il coming out rappresenta una possibilità. Ma non è ancora sufficiente: è necessario decostruire il concetto di diversità attraverso la cultura dell’uguaglianza.
Cosa allora consiglieresti ad un giovane omosessuale per vincere il suo disagio nel suo cammino di accettazione e per vivere con serenità il suo orientamento sessuale nella famiglia e nella società?
Penso che il modo migliore per vivere serenamente la propria identità affettiva e sessuale sia innanzitutto rivendicarla a se stessi, mettendo in cima alla lista delle priorità la propria realizzazione personale e sentimentale e non già le aspettative della famiglia e della società.
Bisognerebbe imparare a smettere di posporre le propria felicità e la propria libertà alla preoccupazione di eludere le domande di amici e parenti sulla propria vita privata.
Come dice un mio caro amico, attivista LGBT, o si è felici o si è complici. Complici della propria infelicità.
Eppure a volte si ha la sensazione che in certe chat anche tra i giovani omosessuali ci sia una certa discriminazione e poco rispetto. Sembra un controsenso pretenderlo poi dagli altri nella società
L’omofobia interiorizzata, cioè il disprezzo spesso interiorizzato dalle stesse persone omosessuali, è causa di ulteriori discriminazioni “a cascata”. Si tratta del cosiddetto minority stress: molti gay sono i primi a discriminare chi è effeminato, chi non veste griffato, chi non è acculturato, chi è grasso, chi è indigente, chi non ha un lavoro, chi non guida, chi frequenta determinati contesti o chi, come me, dichiara apertamente di prostituirsi. Paradossalmente, i frequenti episodi di stigmatizzazione, ideologica più che altro, che subisco, sono proprio da parte di persone gay e trans, che non tollerano l’idea che qualcuno possa deliberatamente decidere dell’autonomia del proprio corpo. Alcuni di loro, più che discriminare la mia scelta, desidererebbero fare lo stesso, magari allettati dal guadagno ma. non avendone la capacità, il potenziale o il coraggio, mi invidiano a tal punto da prendersi il disturbo di inviarmi messaggi offensivi e denigratori, rigorosamente anonimi. Le stesse persone che ai gay pride rivendicano diritti, autonomia e libertà alla società eterosessuale.
Quel servizio andato in onda nel programma “Le Iene” e che avrà un seguito anche a Febbraio su Italia1, ti ha dato sicuramente visibilità a livello mediatico, ma non hai voluto approfittare della situazione per un tornaconto personale. E’ questo il messaggio che volevi trasmettere anche ai detrattori che pensano che un giovane escort non sia in grado di difendere e rappresentare i diritti e la dignità delle persone omosessuali?
Erroneamente molti pensano che tutte le persone che vendono il corpo non abbiano cervello. Paradossalmente io ho iniziato a vendere il corpo dopo essermi laureato in Giurisprudenza, proprio per non svendere più il cervello: questo è il mio concetto di dignità! Se qualcuno ritiene che, solamente per il lavoro che svolgo, la qualità delle mie idee e delle mie parole sia più scadente di altre, allora il limite è squisitamente suo: a differenza di molte persone, più o meno dichiarate, che si nascondono dietro l’ombra della privacy e della riservatezza, io ci metto sempre la faccia in ciò che faccio, e non per fierezza o per ottenere visibilità, ma per mera coerenza. Per il mio lavoro la visibilità che può dare un servizio in onda a “Le Iene” è più un deterrente che un vantaggio. Quello che mi ha spinto a denunciare un mio cliente non è stato l’interesse ad apparire in tv. Infatti per la delicatezza dell’attività che svolgo, tutelo sempre gli interessi e la privacy delle persone che scelgono di divertirsi con me, ma allo stesso tempo esigo rispetto per la mia dignità personale: di fronte a determinati comportamenti, non si può e non si deve essere omertosi. Quando qualcuno, come nel caso del cliente prete che ho “sputtanato”, vilipende il mio onore, dubitando della mia intelligenza, mi lancia una sfida che è persa in partenza perché io, a differenza di molte altre persone, non ho nulla da nascondere e vivo il mio lato oscuro alla luce del sole.
La tua professione di escort ti ha agevolato a capire meglio le tematiche e le problematiche della collettività LGBTI?
La mia attività mi ha dato modo di capire quanto spesso le persone reprimano non soltanto le proprie pulsioni, ma addirittura le proprie esigenze, i propri diritti, il tutto per inseguire un modello di famiglia e di società che in molti casi è solamente apparenza. Per questo mi ritengo fortunato di essermi guadagnato il beneficio di sapermene infischiare dell’altrui biasimo o plauso.
Sei fiducioso sull’approvazione del ddl Cirinnà in Parlamento per le Unioni Civili?
Oltre a sperarlo, sono concretamente convinto che questa volta il Legislatore, già sollecitato anche dalla Giurisprudenza, che da qualche anno lo anticipa, non potrà restare sordo alle esigenze di una società ormai eticamente e materialmente evoluta.
E ritengo che il voto segreto aiuterà molto, perché i bigotti, di cui il nostro Parlamento è pieno, segretamente giustificano più facilmente ciò che pubblicamente condannerebbero.
Per quanto riguarda invece la questione delle adozioni per le coppie samesex, che posizione assumi al riguardo? I bambini adottati da una coppia omosessuale possono essere educati in modo naturale?
L’unico diritto che mi interessa, in questo caso, è quello del bambino, ed è il diritto a essere adottato da persone che abbiano le capacità e i mezzi per amarlo ed educarlo idoneamente, indipendentemente dal genere e dall’orientamento sessuale. Neppure possiamo lamentare che la società non è pronta ad accogliere figli di coppie omosessuali, perché la società è quella che noi stessi creiamo, è quella dei bambini che le famiglie e le scuole educano come futuri adulti, che saranno certamente migliori di noi. Più inclusivi e con meno pregiudizi.
Nel tuo cassetto c’è un progetto editoriale. Sarà un libro anche con piccanti rivelazioni o sarà una raccolta di sensazioni ed emozioni scaturite da amicizie, incontri, relazioni, confidenze che hanno accompagnato finora la tua vita?
E’ un progetto che da tempo sto sviluppando con Mario Gelardi, autore e regista teatrale.
Abbiamo tentato di indagare sul perché oggi una persona, come me, nonostante abbia studiato, possa scegliere di prostituirsi anziché tenere il culo dietro una scrivania. Ma è anche un viaggio all’interno dei vizi delle persone più apparentemente insospettabili: il contenuto è particolare perché della prostituzione maschile è stato fino a oggi detto e scritto poco, soprattutto di quella sviluppatasi a seguito della disoccupazione e del precariato che ha coinvolto anche tanti brillanti laureati. Non è il tentativo di cercare l’assoluzione o la comprensione di chi legge ma, casomai, solo un ulteriore mezzo per rivendicare la mia identità ideologica. Se poi sarà il mio canto del cigno, non saprei dirlo. D’altronde, la mia attività di escort non potrà durare per tutta la mia vita ma, senza dubbio, mi lascerà una sicurezza economica su cui poter contare anche in futuro.
Articolo di Alberto Fuschi