La ricorrenza della Candelora fu introdotta nel VII secolo dalla Chiesa orientale per festeggiare la presentazione di Gesù al Tempio quaranta giorni dopo la nascita e la purificazione rituale della Madonna. La candelora ha origine dalle feste pagane del fuoco e dai riti purificatori del mese di febbraio in cui i Romani chiedevano agli dei fortuna e buoni raccolti. In queste cerimonie di purificazione le donne giravano in processione per le strade con ceri e fiaccole accese, rito mutuato in seguito dalla Chiesa cristiana che però celebrava Gesù, la vera Luce che illumina le genti.
Per questo motivo, in questa giornata si benedicono e si distribuiscono ai fedeli candele alle quali un tempo si attribuivano particolari poteri, infatti si accendevano per scongiurare temporali o per consolare gli ammalati. Le candele di questa ricorrenza fanno parte dell’uso rituale del fuoco, ripetuto in Romagna nei falò del 4 febbraio per la Madonna del Fuoco, e culminanti in quelli innumerevoli che si accendevano all’inizio di Marzo per cancellare l’ultima traccia dell’inverno e propiziarsi la buona stagione.
Numerosi sono i proverbi dialettali che pronosticano il tempo atmosferico a venire in base a quello che si manifesta il giorno della Candelora, anche in contrasto fra loro.:
In Calabria: A Candilora
‘u vernu è fora;
Ma nesci l’ursu d’a tana e dici:
Altri quaranta iorna avimu ancora.
(“Con la Candelora siamo fuori dall’inverno; ma l’orso viene fuori dalla tana e dice: rimangono ancora quaranta giorni”)
Oji è l’Epifania,
Ogni festa piglia la via;
Ma c’è n’atra festicciuola,
Chi si chiama Cannelora;
Lu leune esce allora:
Quaranta journi ha lu viernu ancora!
(“Oggi è l’Epifania, e ogni festa prende la via; ma c’è un’altra festicciuola, che si chiama Candelora; è allora che il leone dice: l’inverno ha ancora quaranta giorni!”(1).
A Trieste Se la vien con sol e bora
de l’inverno semo fora.
Se la vien con piova e vento
de l’inverno semo drento.
(“Se la Candelora viene con sole e bora, siamo fuori dell’inverno, se viene con pioggia e vento, siamo ancora dentro l’inverno”)
A Padova: Se ghe xè sołe a Candelora, del inverno semo fòra; se piove e tira vento, del inverno semo drento.
(Se il giorno della Candelora è soleggiato, siamo fuori dell’inverno, se piove e tira vento, siamo dentro l’inverno)
In Lombardia: A la Madona da la Sciriœura dol inverno a semm da fœura ma s’al fioca o al tira vent quaranta dì a sem anmò dent
A Oristano la candelora è molto sentita perché coincide con l’inizio dei preparativi de Sa Sartiglia.
In Puglia: A Cannëlôrë, ci non nevëchë e non chiovë, a Vërnët non è fôrë
(Alla Candelora, se non nevica o non piove, l’inverno non è fuori).
In Puglia (nel Salento): Alla Candìlorà ogni cièddrù cova ( Alla Candelora ogni uccello fa le uova, significa che ci stiamo vicinando alla primavera).
Nelle Marche: Candelora, de l’invernu semu fora; ma se piôe u tira vendu, de l’invernu semu drendu.
(Candelora, dall’inverno siamo fuori; ma se piove o tira vento, dell’inverno siamo dentro)
In Catalogna: Quan la Candelera plora, el fred és fòra; quan la candelera riu, el fred és viu.
Questo o altre versioni proverbiali, a volte contrastanti, ci dicono che in fondo l’inverno sta passando, ma comunque la mettiamo, ne avremo ancora per un po’…
Ubaldo Marangio