Il 26 gennaio si è tenuta nell’Aula Magna della Corte Suprema di Cassazione l’inaugurazione dell’anno giudiziario 2023.
Sull’amministrazione della giustizia, chiaroscuro l’anno scorso, chiaroscuro anche quest’anno.
“L’analisi dei dati sull’amministrazione della giustizia in Italia nell’anno appena trascorso conferma il quadro in chiaroscuro, già descritto nelle precedenti relazioni. Molte delle valutazioni fatte un anno fa devono essere riproposte e delineano il consolidarsi di alcune tendenze” un lento e progressivo “miglioramento della situazione” è quanto dichiara il Primo Presidente di Corte di Cassazione Pietro Curzio.
Nella relazione esposta dal Procuratore Generale presso la Corte Cassazione Luigi Salvato nellʼAssemblea sulla amministrazione della giustizia nell’anno 2022 viene riportato alla pagina 27 nel capitolo Prima Parte l’attività dell’anno 2022, “violenza di genere e stato di attuazione del codice rosso”, quanto segue:
“In sede civile, va segnalata l’ordinanza del 26 gennaio 2022 n. 9691, con cui la Corte di cassazione ha accolto il ricorso contro la sentenza della Corte di appello di Roma che aveva fatto decadere dalla responsabilità genitoriale una donna vittima di violenza da parte dell’ex compagno, accusata di aver causato nel proprio figlio la cosiddetta sindrome da alienazione parentale. La Corte di cassazione ha stabilito l’erroneità del richiamo della sindrome di alienazione parentale e accolto il ricorso della madre stabilendo tre principi: l’illegittimità dell’alienazione parentale; la superiorità dell’interesse dei bambini rispetto al diritto alla bigenitorialità; la condanna dell’uso della forza nei confronti dei minori. Il caso ripropone la questione della dimensione del fenomeno della violenza di genere nella giurisdizione civile. In tale ambito la doverosa applicazione della Convenzione di Istanbul sulla prevenzione e la lotta contro la violenza domestica, ratificata dall’Italia con la legge n. 77 del 27 giugno 2013, rende di rilievo la figura del pubblico ministero che, presente nel processo civile, diventa trait d’union con il procedimento penale: deve essere in grado di “leggere” nel processo civile gli indicatori della violenza consumata tra le mura domestiche e di attivare gli anticorpi del sistema per la protezione delle vittime“.
La domanda sembra lecita, perché la PAS (sindrome da alienazione parentale) domina incontrastata nei contenuti delle decisone dei giudici e nei pareri civili dei PM nella maggior parte dei tribunali italiani per i minorenni e dei tribunali ordinari e Corti d’Appello nelle sezioni competenti delle famiglia e dei minori? Soprattutto, perché i ricorsi depositati dai genitori anche sulla base della sentenza sopra citata (che non è l’unica, ma sono numerose, come pure le convenzioni europee, le indicazioni del Grevio, del Parlamento Europeo, etc) vengono puntualmente rigettati dai Tribunali e dalle Corti d’Appello (con le “dovute” condanne al pagamento delle spese processuali)? Che fino ha fatto la Convenzione di Istanbul?
I BAMBINI ATTENDONO RISPOSTE E SOPRATTUTTO GIUSTIZIA.
In tema di violenza di genere viene riportato – vanno altresì segnalate recenti decisioni della Corte E.D.U. la cui lettura è una spina di dolore e di rammarico, perché si pongono nel solco delle sentenze T. c. Italia del 2 marzo 2017 e K. c. Austria del 15 giugno 2021. In particolare la decisione L. c. Italia del 7 aprile 2022 (con cui le autorità italiane sono state invitate a colmare la mancanza di efficaci rimedi civili esperibili avverso qualsivoglia autorità statale che non adotti di fronte a comportamenti di violenza domestica misure preventive o protettive necessarie); la decisione DG c. Italia del 16 giugno 2022 (di condanna dell’Italia per l’inerzia delle autorità nel proteggere una donna e i suoi figli dalle violenze e dai maltrattamenti inflitti dal compagno, culminati nell’uccisione del figlio minore della ricorrente e nel tentato di omicidio di quest’ultima). I moniti della Corte di Strasburgo impongono assenza di pause o incertezze nella crescita di efficienza e di effettività di tutela della giurisdizione contro la violenza di genere“.
Strasburgo chiama, l’Italia “non” risponde, o quasi.
Pur ringraziando magistrati, operatori delle Forze dell’ordine e tutti quelli che realmente lavorano per la concreta tutela dei cittadini, i dati ci mostrano che tutti gli sforzi che sono stati messi in atto, non hanno centrato il vero problema (solo una parte), perché finché si affronterà la questione solo analizzandolo l’aspetto culturale, con l’implemento della formazione (molte volte svolta da chi utilizza alcune basi ascientifiche come la sindrome di alienazione parentale) e non si comprenderà che molte volte (da parte di una seppur piccola parte) è il non rispetto delle normative (molte sono fatte benissimo), la consapevole violazione delle stesse, la stesura di false relazioni che vengono emesse come un rubinetto sempre aperto, allora le donne continueranno a morire, vedremo scene agghiaccianti di bambini prelevati con la violenza, maltrattamenti e vite distrutte.
Precisa il Procuratore Generale Luigi Salvato che dalle relazioni dei Procuratori generali emerge “un quadro d’insieme che restituisce l’immagine di una magistratura inquirente sempre più attenta e consapevole della necessità di adottare in tale ambito strumenti di contrasto – investigativi e organizzativi – particolarmente tempestivi ed efficaci. Gli uffici di Procura, anche nell’anno in corso, hanno infatti ulteriormente affinato procedure e moduli organizzativi, per garantire massima sollecitudine ed effettività nella trattazione dei procedimenti. Nei tre anni di vigenza della legge n. 60 del 19 luglio 2019 è maturata una diversa attenzione, frutto di una ‘crescita’ nella sensibilità all’approccio della materia e della consapevolezza della gravità del fenomeno, che esige indagini rapide, complete e incisive, per porre argine a un’ondata di violenza che, nonostante l’eccezionale sforzo della Polizia giudiziaria e della Magistratura inquirente e giudicante, sembra non arrestarsi. La violenza contro le donne è un fenomeno allarmante che interroga tutti, innanzitutto a livello culturale, sulle ragioni che lo sottendono. Esige, in primo luogo, che sia considerato e contrastato per quello che è: vale a dire, una vera ‘emergenza nazionale’”. Non si mettono in dubbio tali affermazioni, ma allora perché le donne continuano a morire, i bambini vengono allontanati dai genitori? I dati ci forniscono una situazione che non cambia. Con l’introduzione del codice rosso il numero delle donne assassinate si è ridotto notevolmente?
“Lo Stato è impegnato nel contrasto di questa follia e che il disgusto sociale si traduce nella concretezza della repressione penale, ciò che, a sua volta, esige un’incessante crescita culturale interna alla giurisdizione: i magistrati – inquirenti e giudici – devono acquisire consapevolezza culturale del fenomeno e coscienza di costituire un avamposto che, nel rispetto del principio di legalità, affronta il problema con una peculiare sensibilità. Se infatti, come detto, nell’anno 2022 i ‘femminicidi’ registrano una leggera diminuzione, l’analisi delle sopravvenienze registra una recrudescenza del delitto di maltrattamenti in famiglia, quello numericamente prevalente, seguito dal delitto di atti persecutori, dai delitti contro la libertà sessuale, dal delitto di violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa e dal c.d. revenge-porn. Nonostante il consolidarsi di procedure e buone prassi in grado di fornire una più decisa risposta istituzionale, permane una criticità nella gestione dei tempi del procedimento in fase di indagini preliminari laddove persiste la mancata previsione di un termine per il giudice per decidere su di una richiesta cautelare: tale situazione – come segnalato da alcuni Procuratori – rischia di determinare un ‘vuoto di tutela’ per la persona offesa, anche nell’ipotesi di appello ex art. 310 c.p.p. avverso le ordinanze di rigetto o di adozione di misura meno grave”.
Ancora si legge nella relazione – “grande è stato lo sforzo di sensibilizzazione e di formazione svolto dalle Procure della Repubblica finalizzato alla creazione di una polizia giudiziaria ‘specializzata’, referente stabile sul territorio. Fondamentali si sono rivelati l’adozione di protocolli operativi per il primo intervento e per la predisposizione di specifiche modalità di ascolto delle vittime e la costituzione all’interno delle Procure della Repubblica di strutture di supporto (ad esempio, le Unità Codice Rosso, composte da addetti alla sezione di polizia giudiziaria e da tirocinanti) e di nuclei interforze specializzati a disposizione dei pubblici ministeri addetti al settore”.
Ma tutto questo ha risolto il fenomeno, ci sembra di no, quindi ritorniamo alla mancata individuazione delle cause del fenomeno, la corruzione, i conflitti di interesse, la violazione di legge, le false relazioni, i mancati controlli, oltre ovviamente alla formazione, alla questione misogina e culturale delle quali non si vuole assolutamente negarne l’importanza. Affermare che ci può essere qualche errore non lo si fa con uno spirito accusatorio, ma risolutivo per evitare che una sentenza, un decreto non conforme a quanto stabilisce la legge, possa rovinare la vita dei cittadini.
Salvare l’esistenza di donne e soprattutto bambini dovrebbe essere un impegno comune, cercare di correggere qualche errore non significa dover avere per forza uno scontro, ma un dialogo costruttivo. Significa ritornare allo Stato di diritto, dare nuovamente lustro alla magistratura, permettere ad ogni figura istituzionale di lavorare al meglio, con serenità e professionalità ed impedire che quei pochi possano delegittimare l’intera magistratura alla quale va il mio più sentito ringraziamento.
Un meritatissimo ringraziamento anche a tutti quei magistrati della Corte di Cassazione che hanno emesso sentenze nelle quali si “respira” aria di giustizia, alcune delle quali vengono elencate nella relazione, ma allora, ci si chiede, perché i TM, i TO e le Corte d’appello non rispettano neppure le sentenze della Corte Suprema di Cassazione che “sommergono” il Palazzaccio?
Il Primo Presidente di Corte di Cassazione Pietro Curzio termina il suo discorso nell’Aula Magna della Corte Suprema di Cassazione con una citazione diversa da quella dell’anno scorso (“l’onore dei giudici consiste, come quello degli altri uomini, nel riparare i propri errori” – Voltaire, Trattato sulla tolleranza) “nella consapevolezza che, come ha scritto Italo Calvino, non possiamo credere a niente che sia facile, rapido, spontaneo, improvvisato, approssimativo punto dobbiamo credere nella forza di ciò che è lento, calmo, ostinato, senza fantasmi né entusiasmi”. Una rivoluzione della riforma della giustizia merita attenzione, tempi lunghi, bisogna sviscerare dalle radici ogni piccolo problema, ma è pur vero che arrivare “prima” a volte salva la vita dei cittadini.
I bambini, però, non posso attendere perché o muoiono (ricordiamo il piccolo Daniele sgozzato dal padre il giorno di Capodanno di 2 anni fa al quale è stato imposto di incontrare il padre perché “è sempre il padre” e nonostante stesse agli arresti domiciliari per aver provato ad uccidere un collega) o vengono uccisi nel corpo e nell’anima.
Chiudo con una frase presa in prestito dall’Illustrissimo Ministro della Giustizia Carlo Nordio che il 19 gennaio scorso alla Camera dei Deputati ha affermato “se questa è giustizia” riferendosi alla questione delle intercettazioni che finiscono (abusivamente) sui giornali, “è giustizia distruggere la vita e l’intera esistenza a piccoli ed innocenti bambini che vivono l’inferno fino all’età di 18 anni?” Data l’emergenza, è stato chiesto al Governo la possibilità di emettere un decreto legge “salva bambini” nei modi che ritiene opportuno, sarebbe auspicabile, avremmo salvato moltissime vite.
di Giada Giunti