Lo scienziato italiano Prof. Giorgio Scita è stato recentemente intervistato da Fabio Fazio sul programma televisivo “Che tempo che fa” per la nuova scoperta scientifica sulle cellule tumorali di carcinoma sul seno. Grazie alla ricerca del Prof. Scita, adesso è possibile capire il movimento delle cellule tumorali in una modalità simile a quella che governa il volo degli stormi di uccelli. Il tumore adotta questa strategia contro le difese che il nostro organismo mette in atto per ostacolare la diffusione. Questa nuova scoperta scientifica è fondamentale per capire come si muovono le metastasi, così, da riuscire a bloccare la diffusione delle cellule tumorali in tempo.
Biologo cellulare esperto delle dinamiche di movimento delle cellule, Giorgio Scita dirige all’IFOM l’unità di ricerca Meccanismi di migrazione delle cellule tumorali. Nato nel 1963 a Fidenza in provincia di Parma, Scita ha studiato Biologia all’Università degli Studi di Parma. Inizialmente attratto dal comportamento degli animali e dagli studi condotti nell’ateneo dal famoso etologo Danilo Mainardi, Scita si appassiona al comportamento delle proteine e si laurea nel 1986 con una tesi sperimentale sulla biochimica del metabolismo di uno dei più potenti antiossidanti che proteggono le cellule dai danni indotti dai radicali liberi: la vitamina A.
Nel 1989, presso la stessa Università, ottiene la specializzazione in Chimica e Tecnologia alimentare e parte alla volta degli Stati Uniti, all’Università della California a Berkeley, dove continua gli studi sulla vitamina A e sugli effetti dei suoi derivati – in particolare beta-carotene e acido retinico – sulle proprietà adesive delle cellule. Per approfondire questi aspetti, nel 1994 lascia la California e, coast to coast, raggiunge il Maryland per lavorare presso il Laboratorio di Carcinogenesi Cellulare e Formazione dei Tumori del National Cancer Institute a Bethesda.
Nel 1995 Scita rientra in Italia per contribuire all’avvio del Dipartimento di Oncologia Sperimentale dello IEO e nel 2001, gli viene offerta l’opportunità di avviare un suo laboratorio all’IFOM, fondato in quegli anni. Qui si impegna a costituire un nuovo gruppo di lavoro per studiare come le cellule maligne acquisiscano la capacità di muoversi, caratteristica questa fondamentale per la diffusione del tumore nell’organismo. Da allora è Direttore di Ricerca in IFOM, con un team di XX ricercatori di varie nazioni e di varie estrazioni formative: biologi, medici e fisici. In parallelo Scita intraprende la carriera accademica diventando anche professore di Patologia Generale presso la Facoltà di Medicina dell’Università degli Studi di Milano. Scita è autore di oltre 100 pubblicazioni scientifiche e spicca tra gli scienziati italiani più citati al mondo. I suoi progetti di ricerca hanno conquistato la fiducia di importanti finanziamenti, in particolare da parte di Fondazione AIRC e dell’European Research Council. Per l’importanza del risultato ottenuto dalla ricerca scientifica del Prof. Scita, abbiamo deciso di raggiungerlo per saperne ancora di più:
Innanzitutto complimenti Prof. Scita per gli ottimi risultati ottenuti dalla sua ricerca sulle cellule tumorali. Recentemente è stato intervistato da Fabio Fazio sul programma televisivo “Che tempo che fa”. Può spiegarci meglio l’importanza dei risultati della sua ricerca?
“Quello che abbiamo osservato è che cellule tumorali di carcinoma al seno si muovono in maniera collettiva e coordinata adottando una modalità di movimento simile a quella che governa il volo degli stormi di uccelli o i banchi di pesce. Questa strategia consente al tumore, che è di origine epiteliale, di sfruttare le adesioni tra una cellula e l’altra e di superare le difese che il nostro organismo mette in atto per confinare ed ostacolare la diffusione delle cellule tumorale. Per fare questo abbiamo osservato che le masse tumorali che tipicamente in questo tipo di cancro sono dense, impaccate, rigide e poco mobili devono diventare fluide e liquide, il che permette una più efficiente diffusione nei tessuti circostanti il tumore. Per passare da uno stato solido ad uno più fluido/liquido c’è un prezzo da pagare: i tumori vengono assoggettati a stress e sforzi meccanici che compromettono l’integrità nucleare e innescano una risposta pro-infiammatoria che rende il tumore potenzialmente meno invisibile al sistema immunitario e come tale aggredibile da terapie immunologiche”.
Da dove nasce l’idea di studiare la migrazione delle cellule tumorali ?
“Per iniziare il loro viaggio verso la formazione di foci tumorali a distanza, le metastasi, sappiamo da tempo che i tumori solidi epiteliali devono imparare a muoversi e migrare. Lo fanno adottando diverse strategie un poco, amo dire, come quando dobbiamo fare il percorso casa-lavoro ed abbiamo la possibilità di muoverci individualmente o utilizzare mezzi in cui collettivamente ci spostiamo. Questi ultimi sono particolarmente adatti ai carcinomi, le cui cellule sono abituate a stare in gruppo. Essere in gruppo costringe a coordinare il movimento per essere efficienti ma anche protegge le cellule tumorale dagli insulti che le attaccano quando si avventurano in un ambiente che e’ diverso da quello in cui si sono originate, come per esempio nel circolo sanguigno dove devono galleggiare in un fluido vorticoso anziché essere ancorate allo stroma”.
Lo studio è stato condotto grazie all’IFOM e l’Università di Milano con il sostegno dell’AIRC. Che ruolo ha avuto l’IFOM in tutto questo?
“Il ruolo di IFOM e dei ricercatori che lavorano nel mio team, come Emanuela Frittoli, primo autore del lavoro, e Andrea Palamidessi che ha contribuito a coordinare lo studio è fondamentale. IFOM ci mette in condizioni di utilizzare strumentazioni ed professionalità che difficilmente sarebbero disponibili per un solo laboratorio. Inoltre IFOM ci permette di seguire le nostre curiosità e intuizioni, ovviamente in modo rigoroso e sistematico. In questo studio, inoltre abbiamo stabilito una collaborazione con i fisici dell’Università di Milano condotti dal Dott. Fabio Giavazzi, con il Patologo Prof. Claudio Tripodo dell’università di Palermo e con una serie di clinici (Viviana Galimberti dell’IEO ma anche del San Matteo di Pavia) ed oncologi che hanno creduto nella possibilità di applicare le leggi delle fisica della materia a tumori solidi del seno”.
Cosa dobbiamo aspettarci da questi ottimi risultati ottenuti con la sua ricerca?
“La sfida è duplice a questo punto; da un lato stiamo generando modelli tumorali in cui testare direttamente la possibilità che tumori fluidi siano più immunogenici e come tali aggredibili dal sistema immunitario cercando di combinare terapie che attualmente sono in fase di sperimentazione e mirano e fare in modo che le strategie che il tumore usa per ingannare il nostro sistema immunitario vengano compromesse. Dall’altro stiamo raccogliendo un numero di campioni di carcinoma intraduttale per verificare che la proteina, RAB5A, che abbiamo scoperto mediare la fluidificazione e altre molecole in fase di studio associate a questi tumori liquidi ed aggressivi ci permettano di identificare i parametri per poter discriminare i tumori buoni o indolenti da quelli cattivi ed aggressivi”.
Cosa si aspetta dalle istituzioni e dal governo per aiutare la ricerca in Italia?
“Molte delle grandi scoperte nel campo della biologia e dell’oncologia degli ultimi anni (pensiamo ai vaccini ad RNA, o alla possibilità di amplificare una qualunque pezzo di DNA) sono venute da ricerche fondamentali che hanno identificato spesso in modo inaspettato meccanismi alla base della biologia e successivamente rivelatisi anche importanti per le patologie incluse la progressione tumorale. Questi studi trovano grandi difficoltà ad essere finanziati in Italia, dove manca una sistematica capacità da parte delle istituzioni pubbliche di finanziare in modo continuativo, certo ricerche dettate solo dalla curiosità di che le esegue. La comunità Europea e Fondazione AIRC compensano in buona parte questa mancanza ma tutto il modo occidentale dedica una parte del budget proprio a sostenere questi studi”.
Secondo lei, quando siamo vicini nel trovare una cura contro il tumore ?
“Parliamo soprattutto di attaccare le metastasi. Sappiamo che il tumore metastatico è un osso duro resistente i farmaci, spesso in uno stato dormiente pronto a risvegliarsi a distanza di anni. Abbiamo necessità di aumentare le nostre conoscenze di capire come questo ospite può diventare dormiente e nascondersi alle difese naturali immunitarie e alle terapie, ma risvegliarsi poi a distanza di anni. Grazie all’incrocio con la fisica stanno emergendo aspetti inesplorati in questa direzione, e AIRC per esempio ha finanziato con il 5X1000 progetti di ricerca su metastasi che uniscono diversi ricercatori e competenze in uno sforzo coordinato e collaborativo. Questo unitamente ai progressi nelle immunoterapie, l’ingresso nell’era dell’oncologia personalizzata e di precisione, con un’offerta straordinaria di nuove classi di farmaci usati in modo combinatorio ed attualmente in fase di sperimentazione clinica e alle strategie che impediscano alle metastasi di sfuggire e nascondersi al nostro sistema immunitario o di bloccarlo rappresentano le strade che già sono in fase di avanzata sperimentazione clinica per controllare la diffusione e bloccare il viaggio spesso letale del tumore metastatico trasformandolo in una malattia cronica e controllabile”.
di Marcello Strano