AGI – La bottiglia di Chardonnay appoggiata sul tavolone di legno ha il colore delle piantine di cicoria. Luca sorseggia il vino in silenzio. Non si scompone quando il frutteto si riempie di telecamere.
Il gruppo di stranieri si aggira curioso tra il giardino zen, le casette delle api e la vigna. Katia e altri sette colleghi rappresentano il comune di Barranquilla, la quarta città della Colombia. Sono ‘atterrati’ nella borgata romana grazie a un progetto cofinanziato dall’Unione europea chiamato GenerActor.
Studiano il ‘modello’ degli orti urbani della Garbatella nati, 13 anni fa, dalla rivolta degli abitanti del quartiere per sottrarre un’area pubblica alla speculazione edilizia. Un’occupazione (illegale) ma comunitaria contro il degrado. Così il cimitero di ghiaia e calcestruzzo ai piedi della sede della Regione Lazio è diventato una lingua verde – 25 orti di 30 metri quadrati ciascuno – dove crescono carciofi e si raccolgono olive.
Luogo (sempre aperto) di feste e aperitivi. Nonni e nipoti con le mani nella terra. Bimbi che scoprono le arnie o pigiano l’uva con i piedi. Profumo di salvia e rosmarino. Carte da briscola sui tavolini, vanghe e picconi nel piccolo ripostiglio.
“Qui non coltiviamo solo ortaggi ma anche persone” spiega all’AGI, Andrea Messori portavoce del Forum orti nella città.
Il booster dell’onda verde
La Garbatella ha trainato ‘paladini’ del verde anche fuori e dentro al Grande raccordo anulare. Attualmente la metropoli conta 150 orti urbani per gran parte di proprietà pubblica: terre strappate al degrado da cittadini ‘dissidenti’.
Nel frattempo l’onda verde della Roma ‘resiliente’ ha varcato le Alpi. E Il premio Ue alla Capitale (anno 2015) “Good practice city” (città dalle buone pratiche per la spontaneità comunitaria) è stato il booster di una cascata di progetti europei per esportare il modello romano anche all’estero. In Spagna, Francia, Lituania, Grecia, Irlanda e ora anche Oltreoceano, in Colombia, dove ogni orto è un avamposto contro i narcotrafficanti.
Così sedimentata (in positivo) l’occupazione di ‘quartiere’ è arrivato anche un primo riconoscimento del Comune (prima ‘silente nemico’) con la delibera 38 del 2015 che definisce gli orti urbani come spazio comunitario. E ora è in arrivo un vero e proprio regolamento scritto dagli stessi ortisti.
Intanto, la fine dell’illegalità è scolpita nero su bianco per una trentina di orti (sui 150 totali). Il ‘patentino’ (baciato da una grande festa) è stato ottenuto dai rettangoli verdi della Garbatella a inizio febbraio (ovvero, 13 anni dopo la loro nascita).
Il cavallo di Troia
L’occupazione della Garbatella è stata anche il ‘cavallo di Troia’ per un progetto di quartiere ben più ambizioso: bloccare il cemento destinato a coprire un’area di quattro ettari. Prato (nel Dopoguerra), esposizione di automobili e spazio per i tendoni del circo (anni Sessanta), poi un parcheggio per la Fiera di Roma e ora il parco del quartiere barriera (verde) contro il traffico della Cristoforo Colombo.
Finito il frutteto, oltre l’ulivo e il nespolo ci sono i campi da basket e da calcetto, i giochi per i bimbi e uno spazio per i cani. Una battaglia vinta da un intero quartiere. “La nostra lotta – ricorda Paolo D’Alessio del circolo Garbatella Legambiente – è iniziata nel 1993. Abbiamo raccolto 12mila firme per fare si che queste aree che prima erano edificabili fossero riconvertite a verde. Siamo riusciti a modificare il piano regolatore”.
Il porta a porta, la rivolta di quartiere fino all’arrivo di tonnellate di terra caricate sui camion. Luigi di Paola, uno degli eroi della battaglia, era ‘armato’ di vanga e piccone nelle giornate in cui gli orti presero forma. “Abbiamo scavato 16 buche di circa 30 metri quadrati con una profondità di mezzo metro” ricorda. “Gli orti sono stati il ‘cavallo di Troia’ per fare in modo che tutta l’area del parco non venisse edificata”.
Il Comune prima nemico poi alleato
Intanto il mondo degli orti urbani sta studiando un vero e proprio regolamento; un passo avanti rispetto alla attuale delibera. L’obiettivo è ottenere un sostegno concreto dalle istituzioni come ad esempio l’allacciamento all’acqua per l’irrigazione.
“Roma – spiega Messori, la ‘voce’ degli orti – è riuscita a costruire orti urbani nonostante non avessero nessun riconoscimento. L’ufficio orti urbani del Comune nacque nel Dopoguerra per dismettere questi appezzamenti di terra che erano nati dentro ai Fori imperiali ma poi non cambiò mai missione fino alla fine degli anni ’80. Con la prima delibera del 2015 c’è il primo riconoscimento. Si esce in pratica dall’illegalità. Ora il forum sta studiando un regolamento, sostenuto dal programma europeo Urbact, nato da dodici incontri di cui uno insieme all’assessore comunale Sabrina Alfonsi. Un progetto che approderà in Assemblea capitolina”.
Il gardeniser
Roma ha ispirato anche una nuova figura professionale: il “gardeniser”, al centro di diversi progetti Ue che hanno formato già 150 persone non solo in Italia ma anche in Inghilterra, Francia, Austria e Grecia.
“Il gardeniser – racconta Messori – è nato in modo spontaneo. Era la persona a cui tutti si rivolgevano per chiedere consigli su come funziona l’orto. Ci permette insomma di non replicare il modello del condominio verticale e fa in modo che la comunità non si chiuda in sé stessa”.
Il gemellaggio Garbatella-Barranquilla
Proprio come è avvenuto nel gemellaggio tra la Garbatella e Barranquilla. “Noi abbiamo la terra – spiega Katia Navarro – ma non abbiamo persone formate che sono in grado di lavorarla. La storia della Garbatella è molto simile ad alcune realtà di Barranquilla. Gli spazi che diventeranno orti urbani sono simili a questo quartiere. Siamo molto distanti ma anche molto vicini”.
La fontanella
Alle spalle degli ulivi scorre l’acqua della fontanella. Il flusso ‘sospeso’ serve a dissetare bimbi, adulti e anziani. Appena l’acqua tocca terra diventa non potabile, viene raccolta dentro a grandi cisterne (costruite dagli ortisti) , utilizzata per irrigare le piante per poi tornare in faglia. Gli ortisti hanno camminato su filo dell’illegalità. Senza cadere. Lo sa anche il ‘Nasone’ che continua a scorrere tra il campo da basket e il frutteto.
La selezione degli orti urbani
Nella cinque giorni romani, la delegazioni ha visitato anche altri orti ‘selezionati’ come esempio di esperienza comunitaria
Gli orti urbani di Largo Veratti
Nati nel 2015 dopo che un gruppo di residenti ottenne dal Comune di Roma e dal VIII municipio la gestione di un’area abbandonata e degradata. Dove prima c’era una discarica ora c’è un luogo di aggregazione sociale.
Gli orti urbani riserva naturale Valle dell’Aniene
Il progetto nasce nel 2011 nelle vicinanze della Casa del Parco della Riserva Naturale Valle dell’Aniene. Ad oggi ci sono 162 lotti, di dimensioni tra 20 e 60 mq, suddivisi in 3 diverse aree ed assegnati a privati cittadini, gruppi, scuole e associazioni che se ne prendono cura. L’area è di 7000 metri quadrati
Gli orti urbani di Monte Ciocci
Si tratta di 18 lotti coltivati individualmente, più un orto didattico e un piccolo boschetto. Complessivamente sono 1.600 metri quadrati.
Parco Ort9 – Sergio Albani Casal Brunori
Un parco pubblico con 107 lotti di orto urbano. Il Parco Ort9 è stato creato grazie al progetto europeo “Sidig-Med”, si estende su 12.560 metri quadrati.
Orti adottati della Cooperativa Giuseppe Garibaldi
Sono gestiti da un gruppo di persone autistiche e rappresentano “una porta di ingresso” per nuove relazioni umane.