Spettacolo incredibile che si ispira al saggio di Hannah Arendt, filosofa emigrata dalla Germania alla Francia e poi in America a causa delle persecuzioni razziali.
La potenza del testo risiede nei riferimenti storici e filosofici (la nascita della dittatura Nazista, l’Olocausto, il processo di Norimberga) ma anche nell’esempio morale dato da Arendt, osservatrice: un modello di equilibrio tra implacabile obiettività e duro richiamo alle verità nascoste sia dall’accusa che dalla difesa. Nulla in lei la fa demordere nella ricerca costante della verità e il suo sforzo di essere oggettiva. Di conseguenza, oggi che l’enorme potere dell’informazione cerca di modificare gli eventi e determinarne la realtà, quando le bugie intellettuali sembrano prevalere nella comunicazione umana e lo spirito critico di molti si placa nella “confortevole coerenza delle ideologie“, l’appassionato ma lucido sguardo della Arendt rappresenta un insegnamento di grandissima importanza.
Lo spettacolo fa parte di un progetto più ampio, intitolato “Arendt al plurale“, ideato da Paola Bigatto. Anna Gualdo e Sandra Cavallini hanno sviluppato personalmente il testo drammaturgico per dare vita a diverse versioni dello stesso. Anna Gualdo ha scelto di focalizzare la sua attenzione sulla figura di Eichmann come rappresentazione dei limiti del pensiero e della mancanza di consapevolezza delle proprie responsabilità. In particolare, la Gualdo, ispirandosi ad Arendt, sostiene che la lingua può essere utilizzata per ingannarsi a vicenda manipolando il linguaggio o per difendersi da una riflessione difficile ricorrendo a frasi fatte e slogan.
Lo spettacolo, che prende ispirazione dai banchi di scuola e dalle lezioni frontali tra professori e studenti, si concentra sulla figura di Eichmann e sulla sua vita. Attraverso i dettagli è possibile comprendere meglio la situazione confrontando i parallelismi e le affinità tra i regimi totalitari del passato e la situazione attuale, dove l’individuo viene esonerato dalle responsabilità in nome di un ideale o di una patria – simile all’effetto distaccante della rete e dei social media oggi. La mancanza di profondità linguistica e l’uso di frasi d’effetto rimandano ai tweet e a slogan politici, secondo Arendt. Lei sottolinea la velocità con cui si dimenticano le cose, che può essere pericolosamente vicina al negazionismo; per questo motivo è necessario un racconto che funga da memoria storica: “non esistono vuoti di memoria: sempre qualcuno resterà in vita per raccontare”.
Agostino Fraccascia