AGI – È un bambino la 66esima vittima del naufragio avvenuto domenica scorsa sulla costa crotonese. Il corpo del piccolo, presumibilmente di 5 o 6 anni, è stato recuperato quando già era buio nelle acque di Steccato di Cutro. Nel primo pomeriggio era stato trovato il corpo senza vita di un uomo di circa 30 anni.
Stipati nella stiva, con il divieto di salire sul ponte, se non per brevissime pause e senza un minimo di sicurezza. Il racconto del naufragio di Cutro arriva da un superstite, mentre divampano le polemiche sui soccorsi e le versioni della Capitaneria di Porto e di Frontex forniscono una versione a tratti discordante.
Kabiry, 29enne afgano di Kabul, ha spiegato che “le condizione del mare erano peggiorate, i quattro scafisti pensando che ci fossero i poliziotti, hanno fermato la navigazione cercando di cambiare rotta e modificare il punto di approdo. La barca interrompeva nuovamente la navigazione suscitando i malumori e le lamentele di noi migranti, ormai stremati. La situazione era pertanto diventata critica, infatti dopo il repentino cambio di rotta le onde alte hanno iniziato a far muovere e piegare l’imbarcazione sino a quando improvvisamente la barca ha urtato contro qualcosa e ha iniziato a imbarcare acqua e inclinarsi su un fianco. Ho sempre avuto paura che l’imbarcazione potesse imbarcare acqua perché le condizioni del mare non erano delle migliori e le donne e i bambini impauriti hanno sempre pianto e gridato aiuto proprio perché si temeva che l’imbarcazione potesse affondare in mare aperto, l’imbarcazione era in condizioni pessime e non siamo stati equipaggiati con nessun giubbotto galleggiante o qualsiasi sistema di salvataggio”.
Le indagini e le polemiche
Potevano essere salvate le 64 vittime che ora sono sistemate nella camera ardente allestita nel palazzetto dello sport? Intorno a questa domanda ruotano le polemiche, ma soprattutto le indagini. Tre presunti scafisti sono stati arrestati. Ma cosa è successo nelle ore precedenti il naufragio è in via di ricostruzione da parte della procura della Repubblica di Crotone.
Sabato notte, dopo che Frontex aveva avvertito le autorità italiane della presenza di un’imbarcazione con circa 200 persone a bordo al largo delle coste calabresi, “le autorità italiane hanno inviato due motovedette per intercettare la nave, ma le avverse condizioni meteorologiche le hanno costrette a rientrare in porto”. Lo ha dichiarato all’AGI una portavoce di Frontex, l’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera. “Nelle ultime ore di sabato, un aereo di Frontex che monitorava le acque italiane nell’ambito dell’operazione Themis ha individuato un’imbarcazione fortemente sovraffollata diretta verso le coste italiane”, ha raccontato all’AGI la portavoce dell’agenzia Ue.
“Come sempre in questi casi, abbiamo immediatamente informato le autorità italiane dell’avvistamento. La barca, che trasportava circa 200 persone, navigava da sola e non c’erano segnali di pericolo”, ha precisato Frontex. “Il nostro aereo ha continuato a monitorare l’area fino a quando non è dovuto rientrare alla base per mancanza di carburante”, ha aggiunto la portavoce. Successivamente “le avverse condizioni meteorologiche” hanno costretto anche le imbarcazioni italiane a rientrare in porto.
“L’operazione di salvataggio è stata dichiarata nelle prime ore di domenica, dopo che il naufragio era stato localizzato al largo di Crotone. L’operazione di soccorso, coordinata dalle autorità italiane, è stata condotta via terra, mare e aria e supportata da una nave e un aereo di Frontex. L’operazione è in corso”, ha concluso la portavoce di Frontex nel resoconto delle operazioni raccontato all’AGI.
La versione della Capitaneria di porto
“La sera di sabato 25 febbraio un velivolo Frontex avvistava un’unità in navigazione nel Mar Ionio. L’unità risultava navigare regolarmente, a 6 nodi e in buone condizioni di galleggiabilità, con solo una persona visibile sulla coperta della nave”. È quanto si legge in una nota del Comando generale del Corpo delle Capitanerie di Porto, in merito alle informazioni presenti sulla stampa circa il drammatico naufragio avvenuto il 26 febbraio al largo di Crotone.
“Il velivolo Frontex inviava la segnalazione al punto di contatto nazionale preposto per l’attività di law enforcement, informando, tra gli altri, per conoscenza, anche la Centrale Operativa della Guardia Costiera di Roma – prosegue il comunicato – A seguito di tale segnalazione, la Guardia di Finanza comunicava l’avvenuta attivazione del proprio dispositivo, già operante in mare, per intercettare l’imbarcazione”.
“Alle 04.30 circa, giungevano alla Guardia Costiera alcune segnalazioni telefoniche da parte di soggetti presenti a terra relative a un’imbarcazione in pericolo a pochi metri dalla costa – aggiunge la nota – i Carabinieri, precedentemente allertati dalla Guardia di Finanza, giunti in zona, riportavano alla Guardia Costiera l’avvenuto naufragio. Questa è la prima informazione di emergenza pervenuta alla Guardia Costiera riguardante l’imbarcazione avvistata dal velivolo Frontex”.
“Si specifica che nessuna segnalazione telefonica è mai pervenuta ad alcuna articolazione della Guardia Costiera dai migranti, presenti a bordo della citata imbarcazione, o da altri soggetti come avviene in simili situazioni – sottolinea il comunicato – A seguito delle segnalazioni ricevute, veniva immediatamente attivato il dispositivo SAR, sotto il coordinamento della Guardia Costiera di Reggio Calabria, con l’invio di mezzi navali e aerei, uomini e mezzi terrestri, nella zona indicata. Le attività di ricerca e soccorso in mare proseguono senza soluzione di continuità anche con impiego di squadre di sommozzatori e con il concorso dei Vigili del Fuoco e delle Forze di Polizia”.
Il ministro dell’Interno
“Ho pudore a esporre i miei sentimenti di fronte a certe tragedie ma in ogni caso, quando si hanno responsabilità di governo, bisogna trasformare le emozioni in valori e i valori in azioni concrete. Voglio essere giudicato per quello che farò e per quello che ho fatto”. Nel corso di una audizione in commissione Affari costituzionali del Senato, il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi commenta così le polemiche innescate dalla sua frase sulla disperazione che non giustificherebbe viaggi tanto rischiosi come quelli di tanti migranti. “Io ho detto ‘fermatevi, veniamo noi a prendervi’ – ha ricordato il ministro – è questo il senso dei corridoi umanitari: con Sant’Egidio abbiamo fatto un accordo per moltiplicarli. E abbiamo anche proposto alla Libia un ruolo nello svuotamento dei centri di detenzione”.
“Per la grande considerazione che ho dei soccorritori, per la consapevolezza che ho di come operano, non ho motivi di credere che ci siano stati errori, sottovalutazioni od omissioni” nei soccorsi. In audizione davanti alla commissione Affari costituzionali del Senato, il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi risponde così a una domanda su eventuali ritardi nei soccorsi nel naufragio di un barcone carico di migranti in Calabria. “Guardia costiera e Guardia di finanza hanno salvato decine di migliaia di vite, a rischio delle loro stesse vite e fino a 70 miglia dalla costa – ha ricordato il ministro – tutto sarà accertato dalla magistratura, ma consentitemi di avere una presunzione di non colpevolezza”.
Lollobrigida: “Dare a tutti il diritto a non partire”
Sul tema dei migranti “bisogna raccogliere l’auspicio di un autorevole pontefice che indicò la strada giusta. Noi dobbiamo dare ai cittadini di tutto il mondo il diritto a non partire”. Lo ha dichiarato il ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, al termine dell’incontro al Parlamento europeo con gli eurodeputati italiani. Contro “chi si approfitta delle persone che scappano dalla fame” occorre “risolvere quel problema evitando che le persone siano costrette a lasciare le proprie famiglie e la propria terra“, ha aggiunto il ministro. “Poi la scelta di emigrare è una scelta libera che deve essere garantita a chi lo vuole fare”, ha sottolineato. “Ma in questo caso si parla di persone costrette a scappare dalla fame o da rischi di altra natura”, ha precisato Lollobrigida. “Le normative prevedono in quali casi devi essere accolto e l’asilo deve essere garantito. Noi non siamo in grado, oggi, di accogliere tutti quelli che nel mondo hanno fame“, ha spiegato. “Dobbiamo fare l’inverso: dare da mangiare e creare le condizioni di produzione, trasformazione e di lavoro in quelle aree sviluppandole e non, come ha fatto qualche altra nazione anche europea nel passato, di sfruttarne le potenzialità e le capacità di produzione dei materiali a proprio vantaggio, anziché per creare ricchezza in quelle aree dalle quali questi poveri esseri umani scappano e, a volte, purtroppo, a causa di scafisti che agiscono in un modo inumano, finiscono nella situazione di tragedia come quella che abbiamo visto anche in queste ore”, ha concluso.
______________________________