Riceviamo e pubblichiamo la replica integrale, data sotto forma di “lettera al direttore” di una donna e mamma che si dichiara “coinvolta” nella vicenda narrata nella pubblicazione di Rita Fadda, qui di seguito:
Premesso che per quanto contenuto nell’articolo della signora Fadda mi riservo di mettere in sicurezza i miei diritti e quelli di mia figlia nelle più opportune sedi, ringrazio il Direttore di Paese Roma per avermi dato l’opportunità di replicare a una visione dei fatti quanto più lontana possibile dalla realtà. Lo ringrazio anche per aver rimosso dall’articolo la foto di una minore che per quanto pixelata non era stata certo autorizzata. Vorrei iniziare dalla fine. Leggo nell’articolo che il sig. G., ingiustamente accusato di essere un uomo violento, sarebbe stato scagionato da tutte le accuse. Prima di tutto, come dimostra la recentissima sentenza 12066/23 (Cassazione VI penale), l’autrice cade nell’errore di far coincidere una pronuncia di archiviazione con una pronuncia di insussistenza del fatto che è tutt’altra cosa. Qualsiasi archiviazione costituisce una mera decisione allo stato degli atti, non irrevocabile, alla quale può sempre seguire la riapertura delle indagini. In secondo luogo, il sig. G. è stato rinviato a giudizio e dovrà rispondere del reato di minacce nei confronti del mio legale. Per quanto a mia conoscenza è anche in attesa di fissazione udienza per il rinvio a giudizio per diffamazione nei confronti della mia consulente tecnica di parte e del mio avvocato.
Nessun decreto è stato da me violato in quanto, trattandosi non di un comune procedimento per affido di minore, ma di un’azione di stato (art. 250 cc, riconoscimento tardivo) le sentenze non sono applicabili fino al passaggio in giudicato, come all’art. 38 disp. att. c.c. della Legge 219/2012.
Il signor G. si presenta erroneamente come un padre separato, ma mai è esistita una coppia genitoriale e gli unici incontri avvenuti tra G. e la bambina, che ha sempre vissuto in una famiglia monogenitoriale, si sono svolti nell’ambito di due consulenze tecniche d’ufficio i cui periti non hanno mai preso in considerazione i comportamenti disfunzionali del signor G. proprio nei confronti della bambina della cui disperazione ci sono invece molti testimoni. Vale la pena chiarire che la prima consulenza è stata annullata dal giudice, tra le altre, per grave violazione del contraddittorio e il perito, per quanto di mia conoscenza, risulterebbe tuttora indagato per vari reati tra cui l’abuso d’ufficio per aver distrutto tutte le registrazioni delle operazioni peritali prima del deposito stesso della perizia nonostante un decreto del giudice gli imponesse di consegnare le registrazioni alle parti. Sull’operato del secondo consulente un’altra Corte è stata chiamata a pronunciarsi in quanto oltre a essere una perizia basata sul costrutto ascientifico dell’alienazione parentale, il professionista nominato dal giudice mancherebbe del requisito della specchiata moralità in seguito ahimé a patteggiamento per peculato.
Infine, smentisco, documenti alla mano, che la bambina non sia stata riconosciuta dal sig. G. “poiché al padre biologico era stato accuratamente nascosto sia il luogo che il giorno della nascita della bambina”. Il sig. G. è stato da subito informato della gravidanza e volontariamente, dopo aver provato in tutti i modi di farmi abortire, si è eclissato insieme a tutta la sua famiglia. In tribunale, dove tutto ciò è stato abbondantemente provato, il sig. G. ha dichiarato di aver avuto un “momento di buio” e da ultimo, in una recente udienza, di essersi “spaventato all’idea della gravidanza”. Fatto sta che informato della nascita della bambina, il sig. G. ha continuato a ignorarne l’esistenza. L’azione giudiziaria promossa compulsivamente in diverse sedi dal sig. G. ha stravolto la vita di una bambina cresciuta con amore dalla sua mamma arrecandole grave pregiudizio. È agli atti che il sig. G. abbia chiesto l’affido di mia figlia ai servizi sociali prima ancora che fosse emesso un decreto di riconoscimento. È agli atti che le insegnanti di due scuole abbiano descritto mia figlia come una bambina terrorizzata alla sola idea di essere da lui prelevata a scuola. Sono agli atti molteplici documenti che dimostrano il carattere di un uomo che pretende oggi di passare per vittima. Non da ultimo, nonostante penda legittimo procedimento per revocazione in Cassazione, l’avvio di un nuovo procedimento in primo grado nel quale ha dichiarato di essere pronto a “trasferirsi in struttura idonea” con mia figlia. Va bene l’affido ai servizi, va bene la “struttura“, non va bene la madre. Come vogliamo allora chiamarlo questo “padre”, folgorato sulla via di Damasco, per strappare la bambina alla sua vita e ai suoi affetti? Gli unici diritti violati in questa vicenda sono quelli fondamentali alla sicurezza, alla salute e alla serenità di una creatura meravigliosa che continuerò a difendere nelle sedi preposte. Dovessi rivolgermi all’Europa. F.B.
Massimiliano Pirandola