Il Cappotto, spettacolo di Alessio Bergamo andato di recente in scena al Teatro Palladium di Roma, ha registrato un pienone e applausi che non finivano per tanto tempo. Un assoluto successo di pubblico. Vista la situazione internazionale di cui si è tutti testimoni, questo successo è dovuto, più che all’autore (Nikolaj Gogol, conteso fra le due nazioni oggi in conflitto), al regista, agli attori (Domenico Cucinotta, Massimiliano Cutrera, Erik Haglund, Stefano Parigi), alle attrici (Angelica Azzellini, Alessandra Comanducci) e al gioco teatrale che il cast dello spettacolo è riuscito a portare avanti.
Numerosissime le trovate che non smettono mai di sorprendere. Ottimo, il lavoro sul testo. Ovvero, la sua perfetta trasformazione in ciò che succede sul palcoscenico. “İl teatro deve accadere“, è guardando spettacoli come questo che ti rendi conto di quanto è vera e precisa quest’affermazione di cui finalmente cogli il significato. Ai tuoi occhi, ciò che ti ricordavi del testo, come per magia, prende vita, diventa percettibile e tangibile. Senza un’ombra di dubbio, fra i personaggi dello spettacolo si possono annoverare anche il vento, la città e perfino la burocrazia.
İl vero divertimento è, invece, vedere sul palcoscenico come personaggio lo stesso cappotto. Un oggetto che oggi chiameremmo “must have“, oggetto che rappresenta lo status symbol e diventa un qualcosa che ti identifica. Un oggetto con cui crei un rapporto simile a una relazione amorosa. Tutti i personaggi dello spettacolo hanno i cappotti – e sono personaggi indipendenti, vivi e reali che li identificano.
Come è noto ai lettori della letteratura classica, “İl Cappotto” di Gogol è la storia di un impiegato, Akakij Bashmachkin, un uomo senza importanza che ha il compito di copista a un ministero. La tragedia di un piccolo uomo non è stata scoperta da Gogol. L’argomento era stato trattato già da Giovenale – in chiave ironica – seguito da O. Goldsmith, G. Buechner, E. Zola, A. Daudet, i veristi. Nella letteratura russa, al “Cappotto” gogoliano che risale al 1842, precede “Il Capostazione” di Pushkin scritto nel 1831. L’argomento resta d’attualità nelle opere di A.Ostrovskij, F. Dostoevskij, L.Tolstoj e tanti altri.
Il tema del piccolo uomo contrapposto all’uomo “importante“, cioè, investito di potere è una tragedia in cui alcuni autori vedono tratti comici (N.Gogol, A.Cechov) e li tratteggiano nelle proprie opere. Lo spettacolo di Alessio Bergamo è una lettura in chiave comica e farsesca, una visione che l’autore avrebbe molto probabilmente condiviso.
Amanti del teatro che fa ridere, è uno spettacolo che vi conquisterà. Si ride, e molto spesso. Non importa se avete letto l’opera del classico, venite a vedere questa storia perché vi ci riconoscerete. Nel personaggio principale che, piccolo o grande, si scontra con il potere più forte di lui. Nelle vicende del quotidiano la cui ripetizione è portata all’assurdo e diventa di per sé una farsa. Nei colleghi del protagonista, più spesso invidiosi e meschini, ma, a tratti, comprensivi e compassionevoli. Nei dirigenti, persone anche oneste che, però, da quando diventano “importanti”, smarriscono l’umanità. E, alla fine, nella grande vendetta del protagonista, nel suo riscatto umano e sociale, nel tanto agognato recupero del cappotto rubato, in un fantastico aldilà immaginato da Gogol e magistralmente portato in scena dal regista, attori e scenografo/costumista (Thomas Harris).
İmmagini che trasformano, trasfigurano la realtà. La forza dell’arte. La magia del vero teatro.
Olga Matsyna