“Ho scritto questo libro soprattutto per stimolare, nel romano medio, l’interesse a conoscere davvero Roma; a rendersi conto, in particolare, di quanto tanti luoghi e personaggi del passato continuan tuttora a far sentire la loro esistenza. Per non far che un esempio, a Via del Pozzo delle Cornacchie, vicino Piazza Capranica in pieno Centro storico, esiste ancora il negozio di barbiere dove, quattrocento anni fa circa, il Caravaggio ( che abitava nel vicino Vicolo del Divino Amore) andava a tagliarsi i capelli“.
Così Alvaro Colombi, giornalista e ricercatore storico, ha aperto la presentazione – al circolo culturale “Enrico Berlinguer” di Cinecittà – del suo libro “I luoghi dell’assistenza sanitaria e dell’istruzione nella Roma del Seicento” (Roma, Cofine ed., 2015). Agile volumetto centrato appunto sullo sviluppo dei presìdi sanitari e della nascente istruzione pubblica nella Roma del Bernini, del Caravaggio, di Torquato Tasso. In quel “manzoniano” secolo che vide, in tutta Europa, la nascita della scienza moderna e, specie in Italia, le prime affermazioni della laicità dello Stato: ma anche l’infuriare della caccia alle streghe (con un’intensità tale da far rimpiangere le “tenebre” medioevali).
“La Roma di allora – ha sottolineato il critico Nicola Capozza, conduttore della serata – in realtà possedeva già una rete di ospedali pubblici ( come Santo Spirito, San Giovanni in Laterano, San Giacomo: cito anzitutto questi 3, tuttora in funzione, compreso l’ultimo, almeno come Poliambulatorio locale) senz’altro superiore a quella di altre capitali europee”. “Mentre l’impegno delle celebri Arciconfraternite, come quella di S. Maria del Pianto, e delle parrocchie”, ha aggiunto Colombi, “aveva permesso già allora la creazione d’un sistema embrionale che oggi definiremmo di assistenza domiciliare, distribuzione di farmaci, pronto intervento e addirittura medicina di base”. “Tutte le confraternite citate nel libro- ha ricordato Augusto Battaglia, presidente dell’ ormai storica Comunità di Capodarco, per l’assistenza ai disabili – nel 1890, poi, con la legge Crispi diventano IPAB, Istituzioni Pubbliche di Assistenza e Benficienza: realtà che esiste ancora, citata infatti, dalla legge Turco del 2000, sulla riforma dell’assistenza pubblica, e dagli ultimi progetti riorganizzativi del settore della Regione Lazio“.
Dopo la lettura di alcuni brani significativi del saggio, fatta dall’ attrice Maria Teresa Gallo, Angela Catalano, storica dell’arte della Sovrintendenza Speciale al Polo Museale Romano, ha citato il grande sviluppo della cultura tipico proprio del Seicento: con la laicizzazione del sapere, evidenziata dalla posizione di parità delle varie discipline, non piu’ soggette alla teologia. “Processo, quest’ultimo, concretizzato, nelle Biblioteche pubbliche ( come anzitutto l’ Angelica di Piazza Navona, che nasce nel 1609 come donazione del prelato Angelo Rocca agli agostiniani), dalla nuova disposizione dei libri: posti non piu’ al centro, ma nei grandi scaffali ai lati, e divisi per branche, coi banchi per gli utenti al centro della sala“. “Non va però dimenticata – ha concluso l’ Autore – l’ ambiguità che caratterizza , al tempo stesso, la politica assistenziale della Chiesa. Varie di queste strutture, infatti, nel ‘600, oltre che ospedali, al tempo stesso sono anche case di correzione ( che “ospitano” vagabondi, mendicanti, senza tetto vari, ritenuti pericolosi per l’ordine sociale) e opifici per l’avviamento forzato al lavoro: in linea, del resto, con un fenomeno complessivamente europeo, iniziato, in realtà, già tra fine ‘400 e prima metà del ‘500, soprattutto in Inghilterra ( come ricordato da Marx nel primo libro del “Capitale”, N.d.R.) . Caso tipico, a Roma è l’ Istituto “San Michele” a Porta Portese: che infatti, sino ai primi anni ’70 del ‘900, sarà carcere minorile. Ma da questi opifici del San Michele, specializzati nella produzione di arazzi non inferiori a quelli celebri di Francia, usciranno poi tanti giovani con un’alta qualificazione professionale“.
di Fabrizio Federici