Scampato pericolo. Tutti ai propri posti. Chi voleva creare una frattura nel granitico sistema russo è stato sconfitto dai fatti. Prevedibili i ringraziamenti ai comparti militari regolari ma del resto non c’era alcun dubbio che sarebbero rimasti ai loro posti. Il discorso di Putin alla nazione presenta tutti i contenuti che ci si aspettava.
Un discorso di circa cinque minuti. Si prende il merito di non aver proditoriamente attaccato l’esercito della Wagner che marciava su Mosca e così aver ricomposto la crisi senza alcun spargimento di sangue. Ora deve trovare una scappatoia a quelli che sarebbero potuti essere nemici sul campo di guerra. Ai miliziani della Wagner sarà concesso di trasferirsi in Bielorussia evitando il processo.
Putin non parla di Prigozhin come Prigozhin non aveva parlato di Putin. Il capo della Wagner aveva lanciato delle accuse pesanti sulla corruzione della burocrazia russa senza mai riferirsi al suo capo supremo. Putin evita Prigozhin come se fosse solo l’aspetto superficiale del problema. Sarebbe interessante sapere se lo stesso contegno sia stato tenuto nella riunione coi capi delle agenzie di sicurezza e col ministro della Difesa.
La tendenza di considerare questa come una vicenda del tutto legata a problemi interni è la posizione della Cina che non vuole ingerire nelle questioni russe. Certo però che pretenderà dal suo alleato garanzie di stabilità che da questi giorni si sono incrinate non di poco. Non a caso da Pechino si sostiene eloquentemente che Mosca “possa mantenere la stabilità nazionale e raggiungere sviluppo e prosperità”. In questo modo si dice che è la stabilità il valore fondante per essere un interlocutore credibile in campo internazionale.
Diversamente per quanto riguarda quei paesi che hanno fatto il tifo per gli ammutinati della Wagner. Ora sia Francia e States ribadiscono di sostenere l’Ucraina in questa guerra di aggressione della Russia e di non avere interagito in alcun modo con la Wagner. Dovrebbero fare forte autocritica per aver scommesso sul cavallo sbagliato.
Il contesto internazionale si gestisce su solide certezze. È da dilettanti – quali sono in effetti Biden e Macron – esprimersi in una situazione aperta, appena delineata e senza esiti chiari. Forse si sperava di risvegliare qualcosa e qualcuno nel mondo della Russia. E anche su questo fallimento dovrebbero far autocritica i due.
Ma più di tutti quell’uomo solo al comando che finora aveva garantito a tutto il suo paese di tenere la barra, senza oscillazioni né ulteriori crisi, ha dimostrato di non farcela. Deve trovare il modo di uscire di scena senza che nessuno si faccia male, compreso lui. Alla prossima potrebbe essere meno fortunato.