AGI – Con i magistrati – assicura – non esiste alcun conflitto (“non ci sono scontri”). Ma anche Carlo Nordio non può negare che negli ultimi giorni il clima sul tema giustizia si sia surriscaldato. E le ondate di calore che stanno affliggendo il nostro Paese non c’entrano assolutamente. Gli attriti con le toghe sono cominciati con la questione legata all’abolizione dell’abuso d’ufficio che il Guardasigilli considera “una sorta di reato residuale” (“su oltre 5mila procedimenti ogni anno – chiarisce – alla fine arrivano 8 o 10 condanne, oltre tutto per reati connessi”).
Per l’Anm, invece, “l’Italia si espone al rischio di procedure d’infrazione” perché la cancellazione o il ridimensionamento dell’articolo 323 del codice penale “è in contrasto con le carte internazionale”. Ma abuso d’ufficio a parte, le toghe, che sulla riforma della giustizia ritengono di aver solo “espresso riserve critiche” e non di aver esercitato “indebite interferenze”, si sono sentite sotto tiro dopo quei due comunicati stampa partiti dal dicastero di via Arenula il 7 luglio scorso, uno sul caso Santanché (per la notizia dell’indagine per bancarotta e falso in bilancio avviata a Milano a carico della ministra del Turismo), l’altro sulla vicenda del sottosegretario Delmastro, indagato a Roma per rivelazione del segreto d’ufficio.
In riferimento al primo, fonti ministeriali, che hanno espresso “sconcerto e disagio per l’ennesima comunicazione a mezzo stampa di un atto che dovrebbe rimanere riservato”, hanno definito “urgente” la riforma dell’iscrizione del registro degli indagati e dell’informazione garanzia. Una riforma che punta a eliminare “questa anomalia tutelando l’onore di ogni cittadino presunto innocente sino a condanna definitiva”.
A proposito di Andrea Delmastro Delle Vedove, per il quale la procura di Roma si è espressa per l’archiviazione in relazione al caso Cospito, da via Arenula l’imputazione coatta disposta dal gip è stata bollata come un esempio di “irrazionalità” del sistema giudiziario di casa nostra.
“Nel processo che ne segue – hanno sostenuto fonti ministeriali – l’accusa non farà altro che insistere nella richiesta di proscioglimento in coerenza con la richiesta di archiviazione. Laddove, al contrario, chiederà una condanna non farà altro che contraddire se stesso. Nel processo accusatorio il pm, che non è né deve essere soggetto al potere esecutivo ed è assolutamente indipendente, è il monopolista dell’azione penale e quindi razionalmente non può essere smentito da un giudice sulla base di elementi cui l’accusatore stesso non crede. La grandissima parte delle imputazioni coatte si conclude, infatti, con assoluzioni dopo processi lunghi e dolorosi quanto inutili, con grande spreco di risorse umane ed economiche anche per le necessarie attività difensive. Per questo è necessaria una riforma radicale che attui pienamente il sistema accusatorio“.
Su quest’ultimo punto, Nordio ha ribadito il concetto, ricordando che “il codice Vassalli non ha portato alle estreme conseguenze il principio del processo accusatorio, che vuole il pm monopolista dell’azione penale. E ha lasciato al giudice la possibilità di quella che si chiama ‘imputazione coatta’. Questo è in contrasto con i principi del processo accusatorio e secondo noi va riformato. Naturalmente finche’ la legge c’e’ va applicata. Quindi non c’e’ nessuna stranezza nel fatto che vi sia un’imputazione coatta, così come è stata fatta. Non è un’anomalia. L’anomalia è nell’ordinamento. O noi portiamo alle estreme conseguenze il codice Vassalli, e prendiamo i principi del procedimento anglosassone, o torniamo al codice Rocco che ha funzionato dignitosamente fino al 1989”.
Il concorso esterno in associazione mafiosa
Altro argomento delicato, che ha suscitato l’indignazione delle toghe e il ‘gelo’ di qualche esponente della maggioranza (“non è in agenda e non è una priorità”), riguarda il concorso esterno in associazione mafiosa. “Il concorso esterno non esiste come reato, è una creazione giurisprudenziale – ha spiegato Nordio, che pure ha escluso qualsiasi cedimento sulla lotta alla mafia -. Perché o si è dentro o si sta fuori e concorrere dal latino vuole dire stare dentro. Il concetto stesso è contraddittorio, è un ossimoro. Noi non vogliamo eliminare il concorso esterno in associazione mafiosa. Sappiamo che si può essere favoreggiatori dall’esterno dell’organizzazione. Ma allora va rimodulato il reato, che in questo momento non esiste. La fattispecie penale in questo momento non è strutturata”.
Separazione delle carriere
Ultimo tema, che ha allarmato non poco le toghe, è quello sulla separazione delle carriere. Per Nordio si farà, anche se al momento non c’e’ una data precisa per la messa a terra della riforma. “Attualmente non abbiamo calendarizzato la proposta della separazione delle carriere – ha spiegato il Guardasigilli -. Probabilmente la porteremo nella prossima riunione di maggioranza, che sarà prima delle vacanze estive, per definire le tempistiche, perché una proposta governativa che incida su una riforma costituzionale dev’essere collegata ad altri tipi di riforme che dipendono anche da considerazioni di ordine politico”.
Immediata la replica, preoccupatissima, dell’Anm, attraverso il suo presidente, Giuseppe Santalucia: “Fare dell’azione penale un’azione discrezionale, e poi certamente prima o poi sotto il controllo politico, la vediamo una cosa pericolosa per la democrazia. La separazione delle carriere è una riforma che apre ad altre, perché dalla separazione dovrebbe poi seguire la discrezionalità dell’azione penale. Un pm separato dalla giurisdizione e quindi fuori da quei meccanismi di compensazione e di controllo che prevede la Costituzione, lo lasceremo da solo o – si chiede Santalucia – ci sarà qualcun altro che ambirà al controllo sull’azione penale? E quello non potrà che essere il controllo politico”.
E ancora Santalucia: “La separazione delle carriere è sempre stata motivata con la necessita’ di rompere l’appiattimento del giudice sul pm, perché riproporla proprio quando un giudice non si appiattisce sul pm?. L’imputazione coatta per la mia esperienza non è frequente, ma nemmeno rara e comunque per trent’anni di questo istituto non si è lamentato nessuno. Diventa un’anomalia solo oggi, perché si esercita su un esponente politico”.