Peppe Capasso fra Memoria e Rivoluzione, dagli anni settanta agli anni novanta, la retrospettiva del maestro e artista partenopeo Gaetano Romano “Sociologo e Critico d’Arte Contemporaneo” E’ stata inaugurata venerdì 7 luglio, all’Aban di Nola (Libera Accademia di Belle Arti), la retrospettiva del maestro e artista Peppe Capasso, fondatore dell’Accademia, ubicata nel seminterrato del Seminario Vescovile, dal titolo Memoria e Rivoluzione, dagli anni settanta agli anni novanta, curata da chi scrive.
Una serata straordinaria, di intensa corale partecipazione di artisti e pubblico proveniente dal territorio e dall’area vesuviana, nonché da tutta la Campania, e soprattutto da Napoli, dove Peppe Capasso aveva ricoperto per lunghi anni la cattedra di Scultura all’Accademia di Belle Arti di Napoli, accorsa al richiamo doveroso verso un artista dalla forte e urticante personalità, che in questo primo ciclo di vent’anni, ricostruito dal figlio Wladimiro e da Il Museo Possibile, con il supporto di Pietro Mingione, mostra al di fuori di ogni ragionevole dubbio, le sue forti peculiarità espressive e linguistiche.
Ha aperto i lavori Nicola Velotti, con una ampia appassionata introduzione, poi dopo aver proiettato un video dell’artista multimediale Walton Zed, accompagnato da musiche toccanti e suscitatrici di forti emozioni, l’autore ha indicato nella sua cultura figurativa la base delle sue sperimentazioni, e dopo poco è intervenuto lo scrivente con un articolato, caloroso approfondito esame, della personalità dell’artista scomparso nel duemila venti, richiamando le frequentazioni di Capasso con esponenti del teatro d’avanguardia come Leo de Berardinis e Perla Peragallo, che non poco incisero sul suo quadro concettuale e scenico, alimentando in lui il desiderio di ribaltare e infrangere consapevolmente le barriere e gli steccati tra le arti.
E’ intervenuto anche l’artista e poeta Prisco De Vivo, passando in rassegna i momenti formativi della sua personalità, tra poeti, attori e registi teatrali, in dialogo mai interrotto tra le varie arti. Questi primi venti anni in mostra, visibili fino a settembre, preparano il terreno verso l’analisi finale del suo lavoro degli ultimi trentanni, interrotti bruscamente per la partenza verso altri lidi.
Il primo ventennio coincide con gli studi accademici presso l’Accademia di Belle Arti di Napoli, dove tra gli altri ebbe come docente di Scultura Augusto Perez, e sulla cui cattedra poi sedette come docente, in un dialogo muto e appassionato con i segni [del suo alto magistero, rinvenibili in sculture degli anni novanta] sempre vivi sotto cenere di brace.
Nella galleria del Seminario, scorrono così i disegni giovanili di formazione, corposi e ispessiti da un segno forte, e le pitture dei vent’anni, con occhio rivolto all’Espressionismo e a figure amate come Raffaele Lippi; sempre pulsa e freme il vivente quando la pittura si fa carne dell’umano.
Proseguendo negli ottanta, i lavori della serie Cafè do Brasil; delle ampie tele grezze di sacco con la scritta in evidenza apribili su un sottostante scenario di macerie plastiche, fuse e liquefatte, emblema di sperimentazione e ricerca di nuove terre.
Poi la pittura che ritornava sulla scena con la Transavanguardia, dopo i tempi magri del concettuale e dell’assenza del prodotto pittorico, trovano l’artista di Scisciano consapevole e ricco di forze, affrontare grandi cicli figurativi e anche con inserti New dada, catapultando nel dipinto anche pezzi di vestiario e altri corpi etererocliti, con l’occhio verso Egon Schiele e la Secessione viennese – la carne infuocata e sanguinolenta, il sesso rosso di umori carnali e d’improvviso una sedia, due sedie irrompono nel quadro e ne fanno parte.
Sempre il classico e le correnti storiche hanno rappresentato per Capasso, viatico ineludibile, ma anche nel contempo poterlo negare, ribaltarlo per cercare nuove fughe in avanti.
Dopo è la volta degli esperimenti o Sculture/Oggetto, un vasto e ricco campionario di elaborazioni ferrose, di scarti, incudini, ruote deformate di biciclette, macchine per la passata di pomodoro che espellono interminabili filamenti di spago, schermi di televisori nel corpo del quadro, materie della civiltà dei consumi e dell’inorganico prese in esame per la loro forza significante.
La grande sala invece che accompagna alla mostra, è luogo di raccolta della collezione permanente, dove sono presenti lavori storici degli anni ottanta, come La valigia con le ossa, che Dorfles ammise, ben precedente della Abramovic, e altri dal duemila in poi, dove campeggiano pitture variegate per tutto l’ultimo ventennio di furiose battaglie di simboli e di alchimie, con l’occhio e la mente esoterica a frugare negli interstizi di Bruno, guardando alla non distante collina di Castel Cicala.
E sotto traccia, dal vasto elenco di personalità con cui si è confrontato, sorgono i nomi del fondatore della Poesia Visiva Emilio Villa, lo scultore Pericle Fazzini.
Gli artisti e critici d’arte Enrico Baj, Giuseppe Bartolucci, Enrico Crispolti e Gillo Dorfles, il poeta Eduardo Sanguineti, la poetessa, performer e scrittrice Wanda Marasco, gli artisti Alik Cavaliere, Hidetoshi Nagasawa, Herman Nitsch, Guillaume Corneille.
Peppe Capasso fra Memoria e Rivoluzione, dagli anni settanta agli anni novanta, la retrospettiva del maestro e artista partenopeo Gaetano Romano “Sociologo e Critico d’Arte Contemporaneo” E’ stata inaugurata venerdì 7 luglio, all’Aban di Nola Libera Accademia di Belle Arti, la retrospettiva del maestro e artista Peppe Capasso, fondatore dell’Accademia, ubicata nel seminterrato del Seminario Vescovile, dal titolo Memoria e Rivoluzione, dagli anni settanta agli anni novanta, curata da chi scrive.
Clara Angelica Palumbo