È il Codacons ad esporre i rilievi delle ricerche di mercato e in contempo sollevare l’allarme indirizzato all’andamento commerciale per cui maggiore è la domanda più alto il prezzo con cui si trova il prodotto.
Ma il ragionamento non finisce a una giustificazione buona per le teorie classiche. C’è molto di più. C’è il sospetto che la tirata dell’inflazione non sia solo determinata da motivi speculativi che si indirizzano verso i gestori dei centri energici. Ma in verità c’è una vera e propria speculazione in danno del consumatore. Gli effetti sono evidenti.
Rileva il Codacons. Gelati più cari del 18,9% su base annua. Si spende di più sulla birra: 13,2%, più 15,8% non alcoliche. Aumento del 18,5 per cento anche per le bevande gassate. Succhi di frutta del 15.8%.
Ma si tratta solo dei consumi più evidenti, più tipicamente estivi. C’è il novero di prodotti alimentari la sua ascesa è sedimentata nel tempo ed ora si legge in tutta la sua evidenza. Sempre il Codacons: “il riso costa oggi il 32% in più rispetto allo scorso anno, i pomodori il 12,8% in più, mentre la voce radici, bulbi, funghi e altri vegetali (finocchi, carote, cipolle, aglio, asparagi, carciofi) ha subito aumenti medi del 23,6%; le patate sono rincarate addirittura del 26,9%, e per condire una pietanza con olio d’oliva occorre mettere in conto una maggiore spesa del 26,7%”. La verdura fresca in media costa il 17,8% in più, con punte del +22% per i cavoli.
Non c’è eccezione. I rincari non potevano non riguardare anche la frutta fresca con l’aumento calcolato con un più 8,3%. Le arance arrivano ad aumenti del 16%- Simile sorte anche per uva, kiwi, more e mirtilli che si attestano a 15,2%.
Dati allarmanti perché non c’è cenno di stop e neanche di azione positiva tesa a calmierare i prezzi.