«Salvatore Buzzi per un anno è stato illegittimamente in carcere e qualcuno ovviamente dovrà rispondere di questa violazione»: queste le dure parole dell’avvocato Alessandro Diddi in merito alla scarcerazione avvenuta ieridel suo assistito, difeso insieme alla collega Annaisa Garcea. Ripercorriamo la vicenda: il 29 settembre dello scorso anno, l’uomo, condannato nel processo “Mondo di mezzo” e non più “Mafia Capitale”, fu arrestato e tradotto in prigione a Catanzaro dai Carabinieri del Ros, col supporto in fase esecutiva del gruppo Carabinieri di Lamezia Terme (Catanzaro), a seguito di un ordine di carcerazione emesso dalla Procura generale di Roma dopo la pronuncia della Corte di Cassazione, che rese definitiva la condanna a 12 anni e 10 mesi per associazione per delinquere e corruzione. I militari lo andarono a prendere all’una di notte presso una comunità terapeutica dove si era fatto ricoverare per problemi di alcolismo e tutti i tg notturni aprirono con questa notizia: almeno Buzzi, visto che Carminati era in libertà, tornava in carcere, altrimenti tutto quel processo a che era servito? Buzzi al tempo doveva ancora espiare una pena residua di 7 anni e 3 mesi. Rispetto a questa decisione i legali presentarono ricorso in Cassazione.
Come ci ha spiegato il suo legale Alessandro Diddi, «secondo l’articolo 94 del d.P.R. 9 ottobre 1990 Buzzi poteva scontare la pena in comunità terapeutica. La procura generale della Corte di Appello di Roma aveva il dovere di valutare questa situazione invece, in maniera del tutto affrettata, appena arrivò la decisione della Cassazione emise immediatamente l’ordine di carcerazione per il mio assistito, invece di sospenderlo. Alla notizia fu subito dato ampio spazio in tutti i tg della notte. Era necessario far vedere che uno dei due principali condannati – visto che Carminati è libero – andasse in prigione dove aver montato tutto quel processo». Infatti, come leggiamo nella sentenza della Cassazione, «ai sensi dell’articolo 656 cpp, il pubblico ministero, chiamato a curare l’esecuzione delle pene detentive brevi, deve, contestualmente all’ordine di esecuzione, adottare un decreto di sospensione, assegnando al condannato il termine di trenta giorni per valutare la proposizione di richiesta di ammissione ad una o più misure alternative».
Cosa che invece non è avvenuta: «Noi abbiamo fatto ricorso per Cassazione, eccependo la violazione della legge processuale per avere la Corte di Appello omesso di considerare che l’atto impugnato è stato emesso in spregio al disposto dell’art. 656 cpp, che avrebbe imposto, tra l’altro, al pubblico ministero, prima di emettere l’ordine di esecuzione, di trasmettere gli atti al magistrato di sorveglianza al fine di provvedere all’eventuale applicazione della liberazione anticipata». Come sappiamo adesso, «la Cassazione ci ha dato ragione», dice Diddi. La sentenza è del 26 aprile, ma le motivazioni solo di qualche giorno fa, per questo l’uomo ha lasciato il carcere calabrese due giorni fa per tornare da sua moglie a Roma. Intanto però – conclude l’avvocato – «l’uomo per un anno è stato illegittimamente in carcere e ovviamente dovrà rispondere di questa violazione».
Ora il nuovo procedimento in un’altra sezione della Corte di Appello servirà a stabilire se Buzzi potrà continuare a scontare la pena in ambiente terapeutico. La scarcerazione arriva in contemporanea alla chiusura per andare in stampa del libro intervista sulla storia di Salvatore Buzzi curata da Umberto Baccolo dal titolo “Mafia Capitale – La gara Cup del Pd di Zingaretti”, edito da “la Bussola” con contributi di Sergio D’Elia (Nessuno Tocchi Caino), Tiziana Maiolo, Otello Lupacchini e Vittorio Sgarbi.
Fonte: Valentina Stella, Il Dubbio