“Non si fanno più bambini!” E insieme alla fine delle mezze stagioni e anche al riscaldamento globale sono diventati i tormentoni nelle conversazioni in ascensore, sotto l’ombrellone, al bar …
Il dato riportato dall’Istat conferma però che nel 2023, almeno per i primi sei mesi, ci sono stati tremilacinquecento nati meno che lo stesso semestre (gennaio-giugno) del precedente anno. Mentre nel 2022 sono arrivate a quattrocentomila le nascite, nello stesso primo semestre dell’anno, nel 2023 hanno totalizzato quota 393mila, pari all’ 1,7% per cento in meno.
La tendenza ad avere meno figli non conosce inversioni. Nell’intero anno del 2022 si è attestata alla media di 1,24 figli a donna, mentre nel 2021 era a 1,25. Ma in questi primi sei mesi di questo anno scende ancora: 1,22!
Non si discute la problematica e le varie questioni sociali, culturali, economiche e ambientali ad essa connessa. Resta impressionante però affermare il problema (come fa l’Istat) quasi fosse un problema di produttività del corpo della donna. Normale, giusto, ovvio, esibire dei numeri. Solo questi e la naturale tendenza alla loro conferma danno la cifra del problema. Diventa però un luogo comune insistere sul fatto che siano questi numeri a dire tutta la verità possibile sul problema. E anche se noi sappiamo perfettamente che ai nostri tempi è cambiata innanzitutto la prospettiva – c’è un problema di scarse retribuzioni e precarietà per prospettare a un figlio un futuro, c’è un problema di diritto a una vita adeguata per cui si rifiuta maggiori difficoltà nell’esistenza reale e darle al nuovo arrivato, c’è un problema di inadeguatezza delle strutture di sostegno come asili nido, c’è un problema di crisi concettuale della coppia … – quei numerini paiono dire tutto quel che si può dire con sensatezza.
Un Istituto Nazionale di Statistica dovrebbe preoccuparsi di darli tutti i numeri quando tratta un problema. Perché se il problema può essere sintetizzato in numeri è anche vero che i numeri debbono essere tutti altrimenti si è lacunosi. Si è delineato solo un aspetto del problema.
E allora c’è il ritardo a cui si arriva a una scelta di questo genere. E allora l’Istat ci aiuta. Stabile a 31,6 l’età media alla nascita del primo figlio. E poi ritiene di aver affrontato un problema quando evidenzia se il bambino nasce in un’unione formalizzata o no. L’Istat lì non manca di dare risposte: sale a 41,5% la percentuale di nascite fuori dal matrimonio era 39,9% nel 2021.
Legato all’indissolubilità della coppia il problema anche del Nord e Sud d’Italia. E nel Sud, chiaramente, c’è la quota più bassa di figli nati fuori dal matrimonio. (…).
Tutto giusto, tutto normale, tranne la vera cifra dei problemi. Buona fortuna e buona notte!