9 ottobre 1963, una frana precipita dal pendio del Monte Toc nelle acque del neo bacino idroelettrico artificiale del torrente Vajont (fra il Friuli Venezia Giulia e il Veneto), con la conseguente straripamento dell’acqua contenuta nell’invaso che coinvolse Erto e Casso e il fondovalle veneto, tra cui Longarone, con la conseguente morte di quasi duemila persone.
Quanta tragedia non è una trama di un film, ne tanto meno quella di un romanzo, ma una sciagura realmente successa e che oggi a distanza di sessant’anni, Andrea Ortis ci fa rivivere, attraverso una pièce teatrale da lui scritta, diretta e interpretata, questo terribile pezzo di storia italiana.
L’opera “Il Vajont di tutti, riflessi di speranza” approda a Roma, al Teatro Ambra Jovinelli il 21 novembre. Lo spettacolo, si avvale del sostegno della Regione del Friuli, dov’è andato in scena in anteprima, proprio sulla diga del Vajont, in occasione degli eventi per la celebrazione dell’anniversario.
Lo spettacolo è realizzato con il patrocinio del Comune di Longarone, Comune di Erto e Casso, Fondazione “Vajont 9 ottobre 1963”, Associazione culturale Tina Merlin. Partner per le tappe del Friuli Venezia Giulia, Associazione Regionale delle Banche di Credito Cooperativo, Casse Rurali e Artigiane, Zadružne Banke del Friuli Venezia Giulia. La produzione è a cura di Mic International Company, in coproduzione con il Teatro Stabile Friuli Venezia Giulia e in collaborazione con Compagnia della Rancia.
La tournée sta portando per tutta l’Italia un lavoro che viaggia su due binari narrativi paralleli, da una parte un racconto dettagliato, molto attuale e dall’altro uno scenario storico del secondo dopoguerra con riferimento agli anni 40, 50 e 60. Il narratore (Andrea Ortis) conduce il pubblico in una sorta di viaggio nel tempo. Il racconto è intervallato dalla presenza in scena di due ambienti: lo studio dell’ing. Carlo Semenza, responsabile del dipartimento di idraulica della SADE e progettista della diga e la casa di Tina Merlin, unica giornalista dell’epoca a lottare con le popolazioni montane dell’epoca. Si assiste all’alternarsi tra passaggi narrati e l’intervento dei due personaggi che con una sorta di flashback temporale riportano ai fatti dell’accaduto, ricostruiti nel dettaglio del processo e delle sentenze definitive.
“Il Vajont di tutti, riflessi di speranza” nella forma espressiva del teatro di narrazione, rende attuale un racconto che nonostante faccia parte del nostro passato, dichiara tutta la sua triste attualità. L’accanimento incontrollato dell’uomo ad ottenere un profitto sempre più alto a discapito della sicurezza, l’ingordigia di pochi a scapito di molti. Per non dimenticare vicende simili come Sarno, Ustica, Viareggio, San Giuliano di Puglia, Amatrice, L’Aquila, Rigopiano, le più recenti alluvioni delle Marche, Emilia Romagna e Toscana. L’uomo e la sua violenza contro la natura, per il semplice desiderio dei guadagni facili.
Andrea Ortis, annota «Ognuno ha il “suo” dolore. La storia del nostro paese è piena di vicende non risolte, nascoste, occultate; storie senza pace e senza giustizia, in cui a rimetterci sono gli ultimi, la gente comune e a soccombere è l’uomo con tutta la sua umanità. A volte è proprio questo dolore che crea partecipazione e, quasi inspiegabilmente, unisce tutti, in una comunità allargata, solidale, stimolata da fatti che, più di altri, ci colpiscono e ci chiamano in causa. Dissesto idrogeologico, domanda di energia e abusi edilizi sono temi della contemporaneità, intrecciati ad un passato dalle cui dinamiche, che continuano a scuoterci riproponendosi nel presente, non possiamo distogliere lo sguardo. Ognuno ha il “suo” dolore ecco perché la storia del Vajont è la storia di tutti, un monito attualissimo che parla alle nostre coscienze, richiamandoci al ruolo di ospiti in questo pianeta, non di padroni. Solo riconoscendo i nostri limiti e i nostri errori; solo presentando la verità possiamo immaginare una ripartenza che si fondi sulla capacità dell’uomo di credere in un bene comune, che coinvolga in una dimensione più ampia, corale, parti di un paese nel quale poterci sentire “pubblico” ed “attori principali”. Ognuno ha il “suo” dolore. “Il Vajont”, nella storia delle mie origini friulane, è il mio».
Lo spettacolo vuole oltre che raccontare un passato lontano, ma nel contempo recente, vuole trasmettere una storia di speranza e forza, il racconto della dignità di chi decide di andare avanti, di credere alla ricostruzione mantenendo viva la memoria di quell’Italia operosa, in cui nel concetto di comunità si può ancora sperare.
Eleonora Francescucci