AGI – Scende l’inflazione in Italia, ma i tassi sono alti e forse non ancora fermi, perciò il credito è troppo caro e meno disponibile. È quanto rileva il Centro studi di Confindustria in Congiuntura flash.
L’inflazione italiana – viene spiegato – si è ridotta bruscamente a ottobre a +1,7% annuo (da +5,3% a settembre), grazie a un “effetto base” molto favorevole sui prezzi energetici, crollati al -19,7% annuo (+26,8% nello stesso mese del 2022 a causa del picco del gas). I prezzi core di beni e servizi continuano a frenare ma solo lentamente (+3,7%), come quelli alimentari (+6,3%), grazie alla parziale moderazione delle commodity. Sono valori non ancora pienamente in linea con la soglia del +2,0%.
Per quanto riguarda i tassi, il Centro studi di Confindustria osserva che a inizio novembre la Federal Reserve ha tenuto, per la seconda volta, fermo il tasso Usa (a 5,50%), come pure la Bce a fine ottobre (4,50%). Lo scenario base è che i tassi sono giunti ai massimi, come indicano i future, che scontano i primi tagli nel 2024.
Tuttavia, il presidente Jerome Powell ha sottolineato il rischio di nuovi rialzi, se la crescita Usa non frena e l’inflazione resta alta (+3,2%); e la numero uno della Bce Christine Lagarde ha ribadito che altri rialzi potrebbero esserci anche nell’Eurozona, in caso di nuovi ‘shock’ che modifichino lo scenario. Secondo Confindustria, peggiora la situazione del credito per le imprese italiane: il costo è salito al 5,35% a settembre, la caduta dei prestiti è arrivata al -6,7% annuo.
Nel terzo trimestre, infatti, la domanda ha continuato a ridursi per i tassi troppo alti e i criteri di offerta sono divenuti più rigidi: sempre più imprese restano senza credito. Buone notizie vengono dai prestiti in sofferenza, stabili a 19,3 miliardi.