Roma, 15 febbraio
La più classica e clamorosa delle evasioni è avvenuta ieri pomeriggio, nel carcere di Rebibbia, a Roma: due giovani romeni, compagni di cella, ora ricercati dalle forze dell’ordine, hanno segato le sbarre e si sono calati giù dalla cella con delle lenzuola legate fra loro, fuggendo a piedi. È ancora caccia all’uomo.
«Consegnatevi all’autorità giudiziaria e ponete fine alla vostra fuga»: è l’appello lanciato dai difensori di Florin Mihai Diaconescu, 28 anni, e Catalin Ciobanu, 36 anni, i due cittadini romeni evasi ieri dal carcere romano di Rebibbia. L’avvocato Cristiano Brunelli afferma: «spero che Diaconescu si metta presto a disposizione delle autorità e delle forze dell’ordine. Negli ultimi giorni era molto agitato per un residuo di pena di ulteriori 2 anni e mezzo, ma non immaginavo una decisione simile».
Dal canto suo l’avvocato Andrea Palmiero, difensore di Ciobanu, invita il suo cliente «a costituirsi per dimostrare la propria innocenza dal sequestro di persona e morte come conseguenza non voluta». L’uomo è coinvolto nella morte di un commerciante egiziano, vittima di estorsioni, prelevato da casa e deceduto per infarto nel 2013.
Gli identikit dei due criminali – considerati pericolosi – sono stati diramati a tutte le unità. La fuga è avvenuta nel reparto G11 del Nuovo Complesso del carcere romano, penitenziario che ospita da qualche mese il processo per Mafia Capitale nell’aula bunker. Nessuno dei due fuggitivi ha una condanna all’ergastolo. Ciobanu è stato condannato, in via non definitiva, per omicidio. Diaconescu ha una condanna definitiva per rapina, legata in particolare a rapine in villa, con fine pena nel 2021.
Secondo le prime ricostruzioni, i due giovani romeni sono riusciti a beffare la sorveglianza e, dopo aver segato le sbarre del locale, verso le 18.30, si sono calati all’esterno nella zona passeggi, chiusa da tutti i lati, tranne che la parte superiore , secondo una fonte sindacale della polizia penitenziaria. Sarebbero, dunque, riusciti a scavalcare la recinzione e superare anche il muro di cinta di Rebibbia, trovandosi in strada lungo via Tiburtina. Si sono dileguati a piedi.
In corso c’è una vasta operazione di polizia, carabinieri e penitenziaria: per tutta la notte, hanno controllato le abitazioni dei familiari dei due uomini evasi e hanno cercato di scoprire gli appoggi e la complicità su cui i due romeni avrebbero potuto contare. Per tutto il giorno proseguiranno anche i controlli nelle stazioni ferroviarie e dei bus. Secondo il sindacato di polizia carceraria Fns Cisl la colpa è il sovraffollamento di Rebibbia rispetto al numero inadeguato di agenti.
«Il personale in servizio di Polizia Penitenziaria nei 14 Istituti Penitenziari della regione Lazio risulta essere sottodimensionato e non più rispondente alle esigenze funzionali degli Istituti – ha detto il segretario aggiunto Massimo Costantino – dove si continua a registrare un esubero di detenuti rispetto alla capienza detentiva prevista». Nel Nuovo Complesso di Rebibbia ci sono secondo Fns Cisl 157 detenuti in più rispetto ai 1.235 previsti. Donato Capece, segretario del sindacato di polizia penitenziaria Sappe, sottolinea che «quando è avvenuta l’evasione, nel reparto in cui erano detenuti i due soggetti evasi, c’erano di guardia solo due agenti per complessivi 150 detenuti e i sistemi di sicurezza del carcere di Rebibbia sono fuori uso da tempo».
Il Sappe rinnova l’ appello al ministro della Giustizia Andrea Orlando, al premier Renzi e al Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria perché affrontino i problemi di organico. «Avevamo chiesto che nella legge di stabilità si anticipasse al 2016, anziché al 2018, il turn over di 800 agenti: ci hanno bocciato l’emendamento – osserva Capece – il corpo di polizia penitenziaria ha complessivamente settemila unità in meno del dovuto. Ogni anno perdiamo circa 1.300 unità per gli agenti che conseguono la pensione. Inoltre, in tanti reparti molti agenti non sono più molto giovani. Per questa ragione sarebbe indispensabile un ricambio generazionale per garantire una migliore sicurezza».
di Donatella De Stefano