AGI – “Progressi sostanziali ma missione non ancora compiuta”. Le parole del commissario all’Economia, Paolo Gentiloni, sintetizzano la lunga notte dell’Ecofin informale in cui i ventisette ministri delle Finanze hanno cercato l’intesa sulla riforma del Patto di stabilità e crescita. Otto ore di negoziati non sono stati sufficienti. Probabilmente bisogna tornare al tavolo con un altro Ecofin informale (tra il 18 e 21 dicembre) per finalizzare l’accordo e rispettare l’impegno di riuscirci entro l’anno.
I “progressi sostanziali” hanno permesso di riavvicinare l’Italia alle posizioni (già ampiamente assonanti) di Francia e Germania. Il braccio di ferro riguarda sempre il ritmo di aggiustamento del deficit che i Paesi che sforano il 3% dovranno adottare. Vi è ormai consenso sul fatto che lo sforzo strutturale richiesto in questi casi equivalga allo 0,5% del Pil. La novità – introdotta alle 3 di notte – riguarda la flessibilità da concedere agli Stati in caso di aumento del costo del debito. Il punto di arrivo è una disposizione transitoria per gli anni 2025-2027 che permette di tenere conto del costo degli interessi del debito nel calcolo del parametro di rientro dal deficit.
Il ministro francese delle Finanze, Bruno Le Maire, che nella notte si era adoperato in prima persona per convincere in particolare gli omologhi di Germania, Christian Lindner, e di Italia, Giancarlo Giorgetti, si è mostrato ottimista. A inizio giornata aveva affermato che l’intesa tra Parigi e Berlino era del 90%; dopo la maratona negoziale ha portato la percentuale al 95%. Piu’ cauto Lindner che, pur riconoscendo i progressi, si ferma al 92%. Ritiene comunque “auspicabile e possibile” un accordo entro l’anno.
“Ci siamo quasi. Ieri sera (venerdì, nda) non è stato possibile portare a termine tutte le consultazioni pendenti di carattere tecnico, politico e giuridico, ma speriamo che si concludano nei prossimi giorni”, ha confermato la ministra dell’Economia spagnola, Nadia Calvino, fresca di nomina dall’Ecofin alla presidenza della Bei, la Banca europea degli investimenti.
I ‘falchi’ che ancora non cedono
Berlino è disposta ad accettare la disposizione transitoria sulla flessibilità del deficit per il costo degli interessi fino al 2027, anche se Lindner ha sottolineato che la questione “lo preoccupa ancora” perchè i deficit eccessivi “non dovrebbero essere relativizzati o giustificati”, ma piuttosto “eliminati”.
“La mia impressione è che non rifletta ancora pienamente la discussione di ieri sera”, ha detto Lindner a proposito dell’ultima proposta sul tavolo. Rimane ancora da convincere la squadra dei falchi, tra cui Paesi Bassi, Austria, Svezia e Finlandia, che non vedono di buon occhio l’idea di alleggerire i percorsi di aggiustamento.
Giorgetti: “Un passo nella giusta direzione”
Per Giorgetti, che esce dell’Ecofin “molto stanco”, è “un passo nella giusta direzione” e andrebbe reso “permanente per essere logico e coerente con la necessità di finanziare le priorità strategiche europee in termini di sicurezza, clima e digitalizzazione. “La posizione dell’Italia è sempre la stessa: riteniamo che viviamo circostanze eccezionali e che serva un periodo transitorio per tener conto di queste circostanze eccezionali che speriamo non si applichino ancora per per molto e che debbano essere tenute in conto quelle che sono le finalità strategiche che l’Europa si è data in termini di sicurezza e in termini di transizione digitale e energetica ambientale”, ha spiegato al termine della riunione. “Queste grandi finalità politiche richiedono delle regole fiscali coerenti per poterle finanziare. Altrimenti rimangono dei nobili principi e auspici ma senza possibilità concreta di traduzione. Quindi ripeto le regole fiscali sono un mezzo per realizzare questi fini, non un fine a se stesso”, ha aggiunto.
L’obiettivo della clausola transitoria è che la riattivazione del quadro di bilancio il primo gennaio 2024 sia adattata all’attuale “ciclo di aumento dei tassi”, in modo che i Paesi che devono rifinanziare il proprio portafoglio di debito non siano penalizzati se aumenta l’onere di interessi.
Vi sono altri ritocchi da segnalare. Il nuovo testo di compromesso fa un’ulteriore distinzione nel margine di sicurezza che devono perseguire i Paesi che hanno il deficit inferiore alla soglia del 3%. L’obiettivo per chi ha un rapporto debito superiore al 90% sarà più severo e dovrà avvicinarsi a un deficit dell’1,5%, mentre chi ha un debito inferiore (ma sopra il 60%) potrà aumentare il proprio al 2%.
L’ultimo impegno insiste sull’idea che il taglio medio annuo del debito per i Paesi più indebitati dovrà essere pari a un punto di Pil, mentre quelli con un rapporto debito/Pil inferiore al 90% potrebbe essere limitato a mezzo punto.