«Dati disarmanti, che raccontano un Paese incapace di superare il divario di genere. Con una conclusione lapidaria: quello che oggi è il gender pay gap domani diventerà il gender pension gap. E a farne le spese saranno ancora una volta le donne, che oggi portano a casa uno stipendio più basso di quello dei loro compagni e domani dovranno vivere con una pensione ancora più misera.
A darne conferma lo studio dell’istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche, che sarà presentato nel dettaglio domani alla Camera. Nonostante incentivi e forme di decontribuzione, l’occupazione femminile è ferma al 40% sul totale di chi lavora in Italia, mentre quella maschile si attesta sul 60%. Come se non bastasse, alle donne sono imposti contratti a termine, in somministrazione o part-time. Tutte formule che indicano una debolezza del mercato del lavoro, in questo caso con un evidente connotazione di genere. La sintesi è tanto chiara quanto drammatica: la crescita del lavoro discontinuo o parziale significa una ridotta autonomia economica che inevitabilmente incide sulle scelte e sulla qualità della vita delle donne. Intollerabile per un Paese che si considera civile».