Michelangelo Merisi e Pier Paolo Pasolini. Due vite accomunate da una serie di travagli giudiziari ( legati piu’ al temperamento irrequieto e violento per Caravaggio, alla “disperata vitalità” e all’ansia di viver la vita in pieno, nonchè alle incomprensioni da parte dei contemporanei, per l’ autore di “Ragazzi di vita”). Identica in ambedue, pur in campi diversi, l’ispirazione artistica: decisa a crear qualcosa di nuovo mettendo la realtà, soprattutto nei suoi aspetti piu’ umili e scomodi, al centro delle proprie opere. Questo il binomio di cui s’è occupato, con l’abituale foga, un istrionico, quanto preparatissimo, Vittorio Sgarbi: con lo spettacolo “Caravaggio“, per pochi giorni al Teatro “Vittoria” di Testaccio.
Su un un palco immerso in un gioco luci-ombre appunto… caravaggesco ( regia e luci: Angelo Generali), col solo ausilio d’un proiettore, il Vittorio nazionale ha
trasportato gli spettatori nel mondo magico ed esoterico di quel Cinque-Seicento che vide la nascita della politica e della scienza moderna, ma anche l’infuriare dellacaccia alle streghe e le sanguinose guerre del “Franza e Spagna” e di religione. “Caravaggio è un padano”, haricordato Sgarbi, “anchese, purtroppo, dei primi vent’anni di vita trascorsi appunto in…Padania ( “absit iniuria verbis!”) non sappiamo quasi nulla, a parte l’ apprendistato giovanile presso SimonePeterzano ( già allievo di Tiziano, N.d.R.). Ma è a Roma che si esprime la sua creatività e si compie il suo destino: proprio come sarà per Pasolini, che, lasciato ilnativo Friuli, proprio a Roma cercherà la sua strada”. Appunto a Roma,questi due artisti esordiscono, scandalizzando a volte i contemporanei con la loro esaperata ricerca del vero, del reale ( che in qualche modo ricorda sia il verismo di Verga e Capuana, che il neorealismo cinematografico del secondo dopoguerra). Ed è davvero inquietante notare le incredibili somiglianze – evidenziate da Sgarbi – tra i ragazzetti che han fatto da modello a tanti capolavori caravaggeschi ( “Ragazzo col canestro di frutta”, “I musicanti”, “Il bacchino malato”, “Amore vincitore”) e i volti di personaggi, nel bene come nel male centrali nella vita di Pasolini, come Ninetto Davoli, Franco Citti e Pino Pelosi.
Sempre a Roma, infine, si compirà il tragico destino dei due artisti: col dramma dell’ Idroscalo, pieno di inquietanti retroscena politici, per Pasolini. Con l’uccisione di Ranuccio Tomassoni (1606)per il Caravaggio: “per il quale, anche – ha ricordato Sgarbi – non si può far a meno di parlare di torbidi intrighi, dietro le quinte della sua morte. Anzitutto la logorante altalena della grazia papale sì- grazia papale no, che non smise mai d’accompagnarlo in quegli ultimi quattro anni di continua fuga, dopo la precipitosa partenza da Roma del 1606”.
di Fabrizio Federici