Se qualcuno voleva avere plastica dimostrazione che il nostro paese non conta niente nel mondo l’ha avuta con l’ostentazione di una donna incatenata come fosse personaggio pericoloso da cui guardarsi bene e che in ogni momento potrebbe nuocere.
La sceneggiata proposta dalla trasmissione televisiva serviva a dimostrazione di potenza da parte dell’Ungheria. Una noncuranza davanti le inevitabili ripercussioni. Un modo per dimostrarsi forte coi deboli.
Nessuno può dire il livello di responsabilità della maestra trentanovenne Ilaria Salis sui fatti contestati. Si fa fatica a vederla dentro un commando di picchiatori assaltanti dei fascisti in tenuta da sommossa. Ma tant’è!
L’ostentazione della persona trattenuta per quattordici mesi senza alcuna evidenza indiziale, senza un vero inizio del processo, ma con la chiara rappresentazione del suo stato serve a porre la vittima come oggetto di scambio. Si tratta di un meccanismo elementare che chiunque capirebbe.
Il dibattito italiano invece si è incagliato sulla strumentalizzazione politica. A sinistra si chiede una misura immediata per consegnare la donna alla custodia cautelare italiana e si attacca la Meloni perché non si attacca ad Orban. Si mostra così di ignorare l’elementare funzionamento di qualsiasi organizzazione di uno stato moderno, sia democratico che a forte ascendente autoritario. Orban non può alzare il telefono e dire: “liberate la donna perché me l’ha chiesto Giorgia!”
Ma il fatto che la donna sia lì, come oggetto ammanettato, in offerta all’indignazione generale, si traduce come una messa al mercato di una trattativa che guarda ben altro. Il termine della trattativa in cui Orban si vede accerchiato e isolato politicamente in Europa sicuramente tocca ben altri argomenti. Ignobile – va detto, precisato e sancito – che una trattativa politica, degna o non degna, si regga sulle sorti della vita di una persona in carne e ossa tanto da pregiudicarne il suo stato di libertà.
D’altra parte per Viktor Orban la condizione non è nuova. Già l’Ungheria ha ricevuto sanzioni dalla Commissione Europea per violazione dei diritti umani.
IL ministro degli esteri Antonio Tajani ha convocato l’ambasciatore ungherese chiedendo la custodia cautelare ai domiciliari per Ilaria Salis. (C’è un precedente nel famoso caso dei marò che spararono a dei pescatori in India).
Tutto questo nell’evidenza della trattativa civile tra paesi. Ma la politica conosce sempre un altro piano di scambio nascosto in cui si violano le principali norme di diritto e si chiede il riconoscimento di alcune priorità in cambio di concessioni di natura totalmente diverso. Non è giusto. Ma è così. E lo è sempre stato.
Ilaria Salis come merce di scambio quindi significa innanzitutto lo spuntare del protagonismo dell’autoritario premier. Che problemi ha oggi Orban? Sblocco dei fondi europei (venti miliardi), l’alleanza nel prossimo quadro parlamentare europeo, (D’altra parte i voti di Orban potrebbero far comodo proprio alla coalizione centrista in Europa, la stessa che aveva lo aveva messo fuori).
Ma poi c’è anche la spedizione di cinquanta miliardi destinati all’Unione Europea che Orban non vuole siano destinati a questo indirizzo. Tanti i nodi del contendere per cui il primo ministro ungherese ha bisogno di un alleato con ancora buone entrature nell’enclave europea che interceda per lui e riesca a fargliela spuntare almeno su una delle questioni.
In mezzo c’è il nostro paese e la nostra debolezza chiamata a fare solo da mediatrice, tanto che può succedere ad una cittadina di vedersi in offerta coi ceppi ai piedi e ammanettata in discorsi che non la riguardano.