“È successo quello che doveva succedere”. La maggioranza sghemba e anomala che aveva dato vita all’amministrazione comunale perde un pezzo. Sono gli assessori del Partito Democratico che fanno gli scatoloni dimettendosi. Erano entrati in corsa a giochi elettorali conclusi come ulteriore implemento di forze alla lista civica che aveva avuto il favore delle elezioni nel giugno 2022. Esempio del vecchio motto di Ennio Flaiano per cui gli italiani sono i primi a correre a sostegno del più forte. Ora però la scena è cambiata.
Ma al profilarsi di un quadro politico nazionale e regionale di marca destrorsa l’anomala impalcatura sostenuta dai seguaci della Schlein non poteva reggere. A funestare i rapporti in questi mesi le continue avance provenienti da destra tese a richiamare il figlio della vecchia Alleanza Nazionale, Mauro Lombardo, ora nelle vesti di sindaco.
Pare che gli assessori non abbiano retto all’urto delle continue lusinghe arrivate specialmente da Fratelli d’Italia. Considerato indifendibile il ruolo del PD per il senso di accerchiamento vissuto in questi mesi, hanno consegnato le dimissioni. E sancti benedicti!
Solo che così hanno reso la vita facile al sindaco di origini destrorse. Invece di dare loro il benservito ritirandogli le deleghe se l’è trovate belle e pronte con la libertà, ora, di ricomporre la sua giunta senza impedimenti.
Mauro Lombardo tiene però a puntualizzare che la maggioranza civica è nata tale e resterà tale. C’è una postilla al ragionamento: resterà tale nominalmente anche quando avrà implementi che arrivano da Fratelli d’Italia che governano la Regione. L’effigie nominale deve però guardare alla direzione sostanziale.
Se, a puro titolo di ipotesi, dovesse arruolare personale in giunta attinto da Fratelli d’Italia, se, sempre a titolo di esempio, dovesse arrivargli qualche aiutino dal capogruppo di Forza Italia, in origine suo contendente alle elezioni, in quale veste, modo o maniera potrà tenere l’effigie di civica?
Si risponderà allora che il civismo di Guidonia costituisce sul nascere un’eccezione perché formato da personale derivato da esperienze politiche di partito ben preciso. Ben diverso, quindi, dalla tanto osannata rinascita della società civile che si organizzava autonomamente dai partiti per governare le proprie città – tanto in voga qualche anno fa e vincente a Tivoli.
Le modificazioni morfologiche della fisionomia della classe di governo cittadina somigliano tanto al motto gattopardesco per cui “tutto cambi perché nulla cambi”. Ma sarebbe ingeneroso per coloro che a Palazzo Matteotti lavorano tutto il giorno per rilanciare le arre industriali, dare un assetto urbanistico ai quartieri dando i servizi saltati per edificazioni frettolose, migliorare la rete viaria, incoraggiare l’associazionismo culturale cittadino … Fare questo è possibile se si pone una volontà di governo forte, non se le cose sono mandate avanti grazie all’inerzia procurata dall’amministrazione regionale amica.