Accettare la minestra riscaldata dei grandi circuiti televisivi non è un obbligo etico. IL “si deve” può evitare di sussistere anche se professato a una veste critica. Succede così all’autore Carlo Molinari di fare il pieno della sala del teatro Off Off di via Giulia, proprio martedì 6 febbraio, giorno celebrato come l’inizio dell’estenuante kermesse sonora di Sanremo.
Carlo Molinari ci fa dimenticare in breve del canzonettismo italico grazie anche alla band di grande qualità per il Sound espresso. Sono Edoardo Petretti al piano, Luca Pirozzi al basso, Gianluca Siscaro alle percussioni e Moreno Viglione alla chitarra.
Nell’atmosfera si respira qualcosa che guarda agli chansonnierre di tradizione francese ma con uno sguardo attento ai veri rospi che affliggono a tutti i livelli la nostra realtà. A cominciare dalle guerre per andare sullo sfruttamento della donna, così come all’uso dell’uomo da parte di altri uomini tali da determinare grandi ricchezze per alcuni e grandi povertà.
Parlare di questi problemi significa parlare di sé, dell’incapacità di continuare a condividere l’inautenticità delle condizioni chiudendosi nel quotidiano domestico. Tutto questo, però, senza perdere mai la dimensione del sogno, nella consapevolezza che i limiti imposti alla nostra condizione di persone sono ben altra cosa da quelli in cui possiamo sperare in un modo diverso di essere.
“È la vita che è una follia, troppo breve da rispettare
È la vita che scappa via con i giorni da cancellare”
Nei testi di Come fanno i sogni, brano di apertura. Riflessione sonora diretta anche alle Donne di Kabul:
“margini non definiti, lumache senza casa
Sono stelle riflesse sul mare e speranze che vanno in fumo
Sono pasti da saltare prima che li divori qualcuno”
Tra le proposte musicali e poetizzanti anche l’aiuto di due amici. Il primo consiste nel ricordare il grande Leonard Cohen di Dance with me to the end of love – ma in versione tradotta in italiano perché il suo testo arrivi perfettamente.
Con l’aiuto di un vecchio amico anche quando sale sul palco Edoardo De Angelis e si ricorda il vissuto di entrambi al Folk Studio con quella che sarebbe stata la scuola romana degli anni Settanta.
Ma in luogo della nostalgia il messaggio che arriva da Carlo Molinari guarda alla capacità che ciascuno di noi deve trovare di far valere le proprie qualità per non soffocare nell’ordinario e nel piatto da cui rischiamo di essere schiacciati per via della quotidianità.
E il modo migliore consiste nell’assecondare il proprio lume, il proprio talento. Ciascuno ne ha almeno uno. Il sistema della poetica canora consiste in uno di quelli più approcciabili come “Prova per non Affogare” – come titola il suo stesso show.
Martedì 6 febbraio, quindi, invece di esser sommersi dal trito sensazionalismo sanremese il pubblico ha tirato una boccata d’aria.