A Pisa un corteo per la Palestina viene caricato. Lo stesso a Firenze. È successo ieri e se ne discuterà per giorni e giorni. IL governo di centrodestra riesce a dare una suggestione particolare a questo tipo di notizie perché richiama facilmente all’idea di repressione della libera espressione del pensiero collettivo. IN un clima in cui si fa la battaglia contro la repressione in Russia, assume poi una coloritura tutta particolare.
“Siamo profondamente turbati da quanto avvenuto oggi a Pisa e Firenze ed esprimiamo la nostra solidarietà e vicinanza alle studentesse e agli studenti”. Ha detto Luigi Ambrosio, direttore della Scuola Normale Superiore e Sabina Nuti, rettrice della Scuola Superiore Sant’Anna. Dal Dipartimento di pubblica sicurezza si risponde quasi con tono di giustificazione della condizione difficile in cui si opera. Secondo questa versione le due cariche della polizia “fanno emergere le difficoltà operative di gestione, durante i servizi di ordine pubblico, di possibili momenti di tensione determinati dal mancato rispetto delle prescrizioni adottate dall’Autorità ovvero dal mancato preavviso o condivisione dell’iniziativa da parte degli organizzatori”. Ma proseguendo nella descrizione dell’accaduto, sempre il Dipartimento di sicurezza afferma che quanto accaduto “costituirà, come sempre, momento di riflessione e di verifica sugli aspetti organizzativi ed operativi connessi alle numerose e diversificate tipologie di iniziative, che determinano l’impiego quotidiano di migliaia di operatori delle forze dell’ordine”.
Sempre il soggetto sociale e politico giovanile il giorno prima aveva dato luogo a manifestazioni di dubbio gusto a Roma durante la manifestazione in ricordo del compianto Valerio Verbano nel giorno dell’anniversario della sua morte. Era stato bruciato un fantoccio raffigurativo di Giorgia Meloni. Sul tema la stigmatizzazione e le pubbliche scuse anche da parte del Presidente della repubblica, Onorevole Sergio Mattarella.
Chiaramente il soggetto politico e sociologico giovanile non può essere considerato come un fenomeno a sé avente un’identità definita. Messi insieme questi episodi in soli due giorni danno da pensare al fatto che l’inquietudine delle generazioni che si affacciano alla vita sociale mostrano un’inquietudine diversa da quella di tipo individualistico che eravamo abituati ad analizzare precedentemente.
Ragioni e inquietudini, ora, stanno assumendo una canalizzazione motivazionale di tipo diverso che riconosce in pratiche collettive il momento del loro riconoscimento.
La difficoltà di adottare un atteggiamento che sia all’altezza non deve oscillare né in permissivismo tantomeno in repressione. Bensì accettare la diversità dei ragazzi sta nelle cose e l’ossessione di comprenderla o di ridurla nelle motivazioni che si enunciano in piazza appare comunque riduttiva.
Forse però partire dalle cose che non vanno fatte, questo sì, dovrebbe essere indicato. Certamente no alle manganellate. Ma certamente no anche allo spontaneismo di chi ritiene di potere gestire i movimenti in una manifestazione come se ci si trovasse in una passeggiata. Se è stabilito un percorso, quello deve essere. Non altro. Ma anche le messe in scena sensazionalistiche con spregio nei confronti di persone e cose. Tutte escrescenze da piazza da evitare.
Il costume di un buon democratico e liberale comincia dai limiti che lui stesso pone all’ostentazione delle sue acrimonie.