Ora il due si è ricongiunto. La morte di Paolo, il secondo dei Fratelli Taviani, chiude il ciclo di una storia del nostro cinema.
E se solo bastasse questa foto per rappresentare la capacità percettiva di una tragedia che si ripete nella Storia degli eventi, già basterebbe a fare dei Fratelli Taviani un pilastro del cinema mondiale. Vittorio se ne era andato il 15 aprile del 2018. Paolo il 29 febbraio scorso.
L’anomalia del due confligge con l’individualismo di cui è permeato il cinema, abituato a sacralizzare la figura singola come mito, quindi l’immagine di una persona. Con il marchio dei Fratelli Taviani questa immagine di raddoppia. I meriti vanno condivisi, doppiamente riconosciuti. Ed è impossibile fare il gioco del tipo Mogol Battisti o Lennon Mc Carthy, nel senso che non si possono demandare funzioni ad uno e le altre all’altro.
Erano i due a costituire una firma. Ora i due non ci sono. Solo ora, con la dipartita del secondo dei fratelli, Paolo. La grandezza tutta nostrana consisteva nella capacità di rendere umana, mondana, fino a spingere ai caratteri della conosciuta ruralità delle nostre origini, il senso delle tragedie tramandate dalla tradizione più alta.
Si debbono ricordare opere come San Michele aveva un gallo del 1972 preso dal racconto di Tolstoj. Ancor prima il primo loro capolavoro: I Sovversivi del 1967. Qui si avvertiva il primo innesco a quella grande stagione di contestazione giovanile e studentesca nata nel Sessantotto. Con Gian Maria Volonté, due anni dopo, portarono il loro primo capolavoro riconosciuto da pubblico e critica: Sotto il segno dello Scorpione. Ed è qui che facendo un po’ il verso a Pasolini si ravvisano riferimenti a Brecht e Godard.
E poi una miriade di opere cinematografiche – Allosanfan (1974) rielaborato sul tema viscontiano della restaurazione, Padre Padrone (1977) dal celebre romanzo di Gavino Ledda, Il Prato dove riescono a far recitare Isabella Rossellini estraendo dal suo nulla comunicativo che è proprio il nulla della generazione dei contestatori oramai sconfitta pur se ancora giovane – fino all’immenso La notte di San Lorenzo.
Qui si dà un contributo di contenuti alla dimensione di ferocia vissuta negli anni della Resistenza. Il tutto riesce ad essere sospeso, anche nella crudeltà degli accadimenti. Narra delle dinamiche in cui si attendono gli americani liberatori, le gesta di coraggio e codardia pazzesche, fino a una rappresaglia dei fascisti con l’esercito tedesco davanti al duomo, emblema della fede e della pietà. La notte di San Lorenzo vince il premio della giuria a Cannes.
Memorabili le rilettura delle novelle pirandelliane in Kaos del 1984 e Il Sole anche di notte del 1990. Qui hanno adattato in una Napoli del Settecento la narrazione tolstojana Padre Serfij. Ancora il coraggio di riprendere dai grandi classici. Le Affinità Elettive (1996). Altri titoli: Good Morning Babilonia del 1987.
Altre storie narrate attraverso il film fanno dei due sacri artigiani dell’arte un appuntamento imperdibile, tanto da poter esser inseriti, ora, e forse con la loro contrarietà, nel novero delle vette della storia del cinema.
Con il serio lavoro sulla fattura della storia e la sua capacità compositiva di costruire suggestioni hanno reso immortale la letteratura fondandone il sodalizio col cinema.