“Amedeo Fusco Racconta Frida halo”, è una performance di tutto rispetto dedicata alla superba donna-artista “icona” del Novecento. Amedeo Fusco, su richiesta di XlamItalia, questa volta, ha potato in scena lo spettacolo nella suggestiva laguna veneta, riproponendo con successo la sua nuova “opera letteraria”; che è una pièce teatrale coinvolgente, emozionante, carica di pathos, intensa e drammatica. Uno spettacolo che è giunto alla sessantaduesima replica, da Trieste a Gela, un vero tour, iniziato mesi fa da Ragusa, dove il poliedrico artista calabrese ha scelto di vivere il tempo dell’oggi. L’opera si avvale di un testo vigoroso, capace di suscitare grande emozione, che commuove e coinvolge sempre, ogni genere di pubblico. Una poderosa sceneggiatura, scritta, interpretata e, poi diretta, dallo stesso Amedeo Fusco.
Una narrazione singolare, che non possiamo né definire, né solo catalogare come semplice copione di uno spettacolo teatrale e, neanche circoscriverla con la sottolineatura di “una brillante performance d’autore”, né tantomeno sarebbe bastevole dire; uno straordinario assolo, il top del classico “one man shows” e, infine, neanche pensare che sia solo ed esclusivamente, un tributo, alla celebrazione di quella straordinaria artista messicana, che è oggi patrimonio del mondo.
Frida icona di stile, Frida icona di libertà, di emancipazione e, della storia del femminismo. Frida autentica forza della natura. Frida e l’amore: amaro, struggente, infedele, “l’ amore – che come affermava Voltaire – è di tutte le passioni la più forte, perché attacca contemporaneamente testa, cuore e corpo”.
Frida Kalho, il dolore e la sofferenza; quella sofferenza che appartiene totalmente al mistero e all’inquietudine umana. Frida, la donna che sa trarre dal dolore di ieri, la forza per l’oggi e, vigore e motivazioni per non smettere mai di lottare. Frida, la forza delle donne, ma anche la forza della vita.
Tutto ciò diventa pura energia-umana, quella che promana e spinge Amedeo Fusco. Questo suo linguaggio moderno, è essenziale per raccontarla al mondo; incisivo, scarno e potente; ed è qui che possiamo scoprire la capacità dell’attore, dell’affabulatore e del suo modo di riuscire a tenere il pubblico inchiodato alle sedie, con cuore e orecchie ben tese alle sonorità delle corde dell’anima.
Frida Kalho è l’ispiratrice assoluta di quest’opera teatrale, va detto però che: Amedeo Fusco realizza in nome di Frida un progetto tutto suo, condito con la ricchezza e i drammi della propria vita; con la forza e le piaghe del suo amore, con la passione, con le sconfitte, con le gioie, con il suo stesso essere uomo: forte, vulnerabile, indomito e libero.
Fusco – sulla scena – ha una marcia in più, sintetizza e trova ricchezza, in quel mondo dei pittori invisibili che continuano a inviare segni inequivocabili alle ore e, all’umanità di questo tempo; egli ne sa cogliere gesti, né sa riconoscere i segni. Segni che, anche noi, solo se provassimo ad abbassare il fastidio dei rumori di fondo, forse riusciremmo ad avvertirne presenza. La sua narrazione è un’impalpabile “contatto” che è ancora necessariamente utile a questo mondo. Perché è solo grazie all’invisibile e all’inavvertibile che, possiamo sfiorare i ricordi, sentirne i profumi e trovate la forza dei tanti progetti che ci sono appartenuti in un tempo passato e, che hanno riempito giorni della nostra vita.
Solo attraverso il risveglio “dei moti dormienti nell’anima” possiamo riuscire a trovare determinazione e coraggio, per dare a noi stessi forza e futuro.
Il testo, il racconto è trascinante, struggente; è un po’, come un concerto per oboe a archi; il pubblico adesso, è immerso dentro un palpitante vibrare di mantici, s’ode un antico organo a canne, è scosso e permeato è cuore.
E’ l’Arte che ci mostra quello che di noi stessi poco conosciamo; ci rigenera e ci rinnova, l’arte è una nuova visione, che a volte, completa e sazia l’esistenza.
Fusco ha dentro di sé la drammaticità del tempo, un tesoro, di ricordi, di affetti apparentemente perduti, di sfide mai concluse, di viaggi mai interrotti; di sentieri cosparsi di carboni ardenti e, di calvari disseminati sul cammino.
Per questo, egli non usa “parole morte”, frasi spente o metafore ridondanti e noiose, ma sceglie parole palpitanti e “vive”, quelle più chiare, quelle più dure, a volte, più dure delle pietre … poi prova, “gittandole” incontro al tempo del futuro, a dissodare i solchi di terre inaridite e secche a, scuotere coscienze impolverate e cupe e, con trasporto introduce un canto nuovo, un inno alla bellezza, una canzone mai sentita, per la piccola storia della “vita”!
Spirito indomito, per tanti versi ribelle, amato da amori senza tempo, da amori senza fine, egli ne sente nel cuore costantemente il calore, ne avverte le mani strette intorno alla vita e, ne scorge le forme che hanno gli angeli pronti a soccorrerlo lì accanto. Ci mostra poi una scia di luce fioca e gentile, che piano si fa faro diradando le ombre più buie. Innanzi – l’attore Fusco – ha un cerchio che incanta, un intreccio di occhi che penetrano i suoi occhi, da lì partono sguardi profondi che arrivano dentro, sino all’atrio dell’anima.
Vicino si scorgono facce vive, volti veri, ricordi amati, vissuti. Un vento di scirocco adesso muove lunghe ciocche di capelli dorati, arriva il profumo delle carezze e dei baci mai perduti: labbra che si fusero in un bacio. Un lungo bacio di giovinezza ed amore e di beltà, in cui confluì tutto, come i raggi in un fuoco acceso in cielo.
E’ l’incedere dello spettacolo, quì non sfugge mai, quanto labile sia il confine fra gioia e dolore, fra storia e destino. “Viva la Vida”, è il finale cantato di concerto fra Amedeo Fusco e il pubblico. Con lui canta divinamente, il tenore Dario Adamo. Per la tappa veneziana si è avvalso dell’opera di Egidio Raimondi, Marino Callegaro e Giancarlo Moro, amici veri che si sono prodigati con efficacia, per l’accoglienza, l’umanità e la presenza di un pubblico attento e interessato.
Da sottolineare il prologo e la prolusione iniziale di Daniela Mancini, che ha seguito in trasferta Amedeo Fusco giungendo a Venezia direttamente dalla Calabria insieme a Francesco Cufari.
Lo spettacolo ha l’assistenza tecnica e, quella alle scene di Gilberto Fusco. La ricerca è la grafica sono curate dall’artista Isabella MariaB.
Serata indimenticabile questa di Venezia, dove Amedeo Fusco ha riportato in scena – come succede ogni volta – non solo le drammatiche ore della tragedia di Frida, ma anche il dolore sovrumano che si è abbattuto, irreparabilmente, sulla sua giovane vita, che continua tutt’ora a segnaren ogni attimo di questo tempo immiserito, traccia dell’assenza incolmabile e amara, di quella Frida che egli porta nel cuore.
Venezia è parte avvincente di una lunga tournée, Amedeo con la “sua Frida” continuano il “viaggio” nel tempo e nello spazio, insieme per proseguire e cercarsi, per riprendersi ancora, per strappare alla sorte e al destino, quella vita violata, quell’amore infinito; perché questo vuole essere – dice Amedo Fusco.- “il mio messaggio morale agli uomini, alle donne del mondo, ai giovani. Ecco il vigore delle donne, la potenza dell’Amore.”