16 marzo 1978. Non si celebra mai abbastanza questa data e non si deve attendere l’anniversario tondo per fermarsi un attimo e ricordarsi questo giorno di svolta per la storia della nostra repubblica. Ciascuno che ha vissuto quegli anni ed era nel controllo di sé ricorda perfettamente cosa faceva quel giorno, le circostanze personali, il senso di frastuono creato nell’aere e la maledetta idea che una fase era finita. Vale sia per una fase esistenziale personale che per la vita collettiva di una società, quella italiana, che si preparava all’emancipazione piena del secondo dopoguerra. Pur essendoci una miriade di conflittualità era però cosciente il senso della missione del nostro paese e la determinazione a farcela da soli, anche se gli aiutini da una parte o l’altra del fronte arrivavano.
Saltando ogni rammemorazione ritualmente riportata per questa giornata, capivamo che forse quegli aiutini cominciavano a pesare troppo nella pretesa dell’autodeterminazione che volgeva all’ultimo quarto di secolo. IL nostro paese era uno dei più industrializzati nel mondo, cominciava ad affiorare il made in italy, ci ponevamo come creatori, oltre che come creativi, e non solo riproduttori del meccanismo americano, tantomeno esclusivamente fruitori.
Ma le terze vie non piacciono. Nella Storia non hanno mai avuto cittadinanza. E non la ebbero neanche in questa narrazione. Chi aveva inventato le “convergenze parallele” come categoria politica, prendendo in prestito il concetto dalla Fisica, era cancellato. La cooperazione tra due categorie sociali nel nostro paese non era un’ipotesi presentabile perché i grandi istituti di riferimento non potevano consentire fughe isolate dal resto del mondo.
In questa storia entrano gli utili idioti con la pistola in mano e il senso organizzazione militare che inneggiando alla Resistenza terminata da più di trenta anni cercavano di vellicare acrimonie che non si erano sopite. Si sparava in piazza. C’erano stati scontri armati tra manifestanti di opposti riferimenti, forze dell’ordine che sarebbe stato meglio definire come: “forse dell’ordine” – ricordando una vecchia battuta.
Non doveva apparire innaturale salire l’ulteriore gradino nell’escalation. Quindi armi che giravano per dare maggiore spessore al senso dello scontro erano utilizzate in un progetto clandestino e organizzato. Ancora oggi sono oscuri coloro che aiutarono a ché si mettesse in piedi l’impostazione militare di qualche ideologo da strapazzo.
Il massimo fu la strage del 16 marzo col rapimento e poi la messa a morte dello statista democristiano. Chi ragionava, anche fanfalucando, di un altro mondo possibile, di una protesta giovanile che stava prendendo sempre più piede nelle università e nei licei, dovette prendere atto che la ricreazione era finita. Il famoso motto di Lotta Continua – né con lo stato né con le Br – evidenziava invece tutto il contrario. Si erano consumate le possibilità di scegliere altre aree di pertinenza. Bisognava stare con lo Stato altrimenti si era fuori, contro legge, in clandestinità, anche senza colpe. La Seconda Repubblica è nata lì. Senza riforme che la giustificassero. Ma con tanto sangue e morti.