Difficile celebrare un diritto, quello all’informazione libera, nel giorno in cui si ricorda un esempio di repressione: l’omicidio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin. Difficile, perché a celebrarlo dovrebbero essere gli stessi operatori che lo esercitano. E invece non avviene.
Del resto la libertà è un valore che si celebra nel suo farsi non può essere rappresentata in astratto. E allora è il presidente della repubblica, Onorevole Sergio Mattarella, a ricordare in un messaggio come la libera stampa sia attaccata in molte parti del mondo. E nei dati si evidenziano le condizioni di molti giornalisti che nell’essere pilastro della democrazia pagano personalmente il costo di esser stati indipendenti. Un costo di cui la società reale non ha sempre pienamente contezza visto l’indice di gradimento così basso che hanno i giornalisti nelle opinioni degli italiani.
Mattarella ha detto: “Il valore dell’autonomia della stampa libera è sotto attacco in tante parti del mondo”. E ancora: “Molti giornalisti pagano con la vita la loro indipendenza dai poteri, la loro ricerca di verità. Il ricordo di Alpi e Hrovatin suona anche impegno, a rimuovere gli ostacoli alla libertà di informazione, ovunque si manifestino”. Sono oggi trenta anni da quando a Mogadiscio fu sferzato l’attacco mortale che costò la vita a Ilaria Alpi e Miran Hrovatin. Il fatto che tutto sia successo in Somalia non deve far liquidare la vicenda come relegabile a inquietudini lontane dal nostro punto di osservazione.
Solo a guardare nel nostro paese – rileva l’Ansa – nel 2023 si sono registrate diciannove aggressioni fisiche, diciassette minacce verbali, dodici danneggiamenti, nove scritte intimidatorie, sette lettere, quattro invii di avvertimenti simbolici come proiettili. Ed è il Lazio la regione in testa a tutti in termini di intimidazioni verso la stampa. Ha ventuno casi registrati sempre nel 2023. Segue la Lombardia con sedici, la Campania con undici, la Calabria e Sicilia con dieci – ed è eloquente dato il livello acclarato di criminalità organizzata, segno che quando sussiste un clima di intimidazione sussiste raramente l’accenno a una informazione libera.
Gli ambiti metropolitani quelli più a rischio per chi fa l’ingrato mestiere di informare sui fatti. Roma, al primo mosto con diciassette casi. Milano con quindici. Reggio Calabria con otto e Napoli con sei.
Dati impressionanti se rapportati in un paese, quale è il nostro, dove, differentemente dalla Somalia, nessuno sospetterebbe mai un clima di terrore verso la libera informazione che si pone come l’anello debole dei poteri in grado di consentire l’esercizio vero della democrazia e del libero pensiero.