A Genova il corteo nazionale di protesta dei lavoratori portuali italiani. “La riforma della portualità non può avvenire senza ascoltare la voce del mondo del lavoro portuale”
GENOVA – Valichi presidiati fin dalle prime luci dell’alba, i portuali di Genova scendono in piazza nel giorno dello sciopero generale. Il capoluogo ligure, sede del primo scalo italiano, è stato scelto da Cgil, Cisl e Uil per la manifestazione nazionale. Il corteo è partito poco prima delle 9.30 dal valico di Ponte Etiopia e raggiungerà Palazzo San Giorgio, sede dell’Autorità portuale.
“Oggi porti chiusi a seguito della rottura delle trattative per il rinnovo del contratto nazionale– spiega Maurizio Diamante, segretario nazionale Fit Cisl- tanti gli elementi sul tavolo: il primo è sicuramente quello economico, dal momento che ci siamo dichiarati insoddisfatti di un aumento del solo 10%”. Gli fa eco Giuliano Galluzzo, segretario nazionale Uiltrasporti: “Tutti i porti d’Italia sono fermi. Il punto fondamentale è il recupero del potere d’acquisto dei salari perché dobbiamo recuperare l’inflazione persa in questi due anni. Il settore ha avuto degli extra profitti che non giustificano questo ritardo nella trattativa: i soldi ci sono e ce li devono dare”. Ma non è solo questione di salario. “Con questo sciopero vogliamo far sentire forte la voce dei lavoratori portuali. Chiediamo anche interventi normativi rispetto al tema della salute e della sicurezza– aggiunge Amedeo D’Alessio, segretario nazionale Filt Cgil- vanno resi concreti tavoli aperti al ministero e rivisti gli allegati al contratto. Ma vogliamo lanciare anche un altro segnale: la riforma della portualità non può avvenire senza ascoltare la voce del mondo del lavoro portuale“. Inoltre, conclude, “al governo e al Mit chiediamo di farsi carico di un problema atavico, quello dello sblocco del fondo di accompagnamento all’esodo per la pensione anticipata dei portuali perché l’età anagrafica dei lavoratori è un problema molto serio in questo comparto”. Infine, riprende Diamante, “abbiamo la necessità di riconoscere il lavoro portuale come usurante”.