Le elezioni americane per eleggere o confermare il presidente saranno lo spartiacque per i conflitti. Sia in Medio Oriente che in Ucraina. Echi evidenti se ne recepiscono con la strumentalizzazione delle diverse guerre nella campagna elettorale.
Smentita la notizia per cui Trump, se rieletto, avrebbe in animo di fermare gli aiuti militari all’Ucraina provocandone la resa in breve. La notizia ha fatto comunque breccia ed è considerata verosimile. Biden che tuona contro Netanyahu e chiede l’immediato cessate il fuoco. Sono due esempi tra propaganda e verità di come queste guerre siano tutte dentro l’attualità degli americani e come il voto possa significare un referendum sulle due guerre per un popolo che si dice stanco del suo ruolo di preminenza militare nel mondo.
Ma sia il disimpegno dalle guerre che l’interessamento attivo del resto del mondo non è detto che siano buone notizie per tutti noi che propendiamo per la pace.
È infatti maggiormente rassicurante la novità di un’Ucraina costretta a cedere Crimea e Donbass alla Russia? Tranquillizza l’idea di una costante tregua armata nelle terre del Medio Oriente? (In attesa della prossima provocazione e del nuovo conflitto piccolo o grande). E allora quale intervento per creare tra i due popoli le condizioni di una pace duratura?
I problemi se impostati in forma di quesiti restano senza risposta. Gli interventi diretti in azione sul campo si prestano sempre a soluzioni mai certe all’inizio.
La certezza che il resto del mondo non può restare a guardare ma deve far qualcosa rimane però un imperativo etico che diventa anche una necessità per noi, visti i collegamenti delle ramificazioni terroristico-militari nel mondo: è di ieri l’arresto di un combattente dell’Isis a Ciampino.
D’altra parte non convincono le soluzioni papaline o alla Orsini per cui meglio arrendersi, accettare le condizioni di pace, anche se questo significa perdere la propria libertà.
E nel dilemma hegeliano per cui la conquista della libertà è data solo a chi per lei è disposto a mettere in discussione la propria vita, la categoria nuova di un mondo in cui ciascuno è interdipendente guarda sempre più alle alleanze stabilite per sostenerla. Perché non sono libero se altri non sarebbero pronti a combattere con me per la libertà e altrettanto io per gli altri.
Ed è per questo che un governo del mondo tra i vari soggetti portatori di nazionalità, interessi e storia, diventa sempre più impellente. Perché l’autodeterminazione è materia troppo importante perché sia lasciata all’arbitrio di chi si fa portatore della propria a discapito degli altri.