La tensione sembra sbollita. Nessuno si è fatto male. Vogliamo chiudere anche questo incidente diplomatico, per così dire, e continuare a provocarci militarmente con altri mezzi meno espliciti? Intimidazioni e raid che non somiglino all’inizio di un’invasione e preludano una necessaria risposta da parte dell’altro.
In attesa ci sia qualcuno di terzo che possa fare a Iran e Israele questo discorso di distensione armata (lavorare per la pace è bello, illudersi è da sciocchi) bisognerebbe inventare questo qualcuno. Gli Stati Uniti, no. Troppo legati a Israele. La Russia, no. Troppo legati al loro fronte in Ucraina per apparire delle anime belle. La Cina, no. Chiederebbe il corrispettivo in mani libere su Taiwan… L’Unione Europea? Potrebbe, ma non esiste. E non si è costruita un curriculum vitae in grado di poter dire qualcosa a qualcuno.
Quindi la situazione resta così. Forse Iran e Israele sono molto più in accordo di quanto le fonti accreditate riescano a sapere o possano farci trapelare. Ci troviamo però veramente nella condizione per cui il battito d’ali di una farfalla potrebbe scatenare la catastrofe.
Tenersi sotto osservazione, rispettandosi reciprocamente, potrebbe apparire allora la migliore premessa autofondativa con la quale i due paesi possano coesistere senza belligeranze.
A rafforzare questa condizione il fatto che Israele, oggettivamente, non può tenere aperti troppi fronti né può confidare nel sostegno degli Stati Uniti in eterno. Anche il presidente in carica ha i suoi problemi al suo interno e ce li avrà quello dopo di lui, anche se dovesse cambiare. Un sostegno militare non può essere dato in modo incondizionato e continuo senza apparire come vero e proprio ingresso in guerra.
E poi la vicenda con Hamas va chiusa. Almeno temporaneamente. Si congettura di un altro attacco, quello definitivo, per poi chiudere la vicenda. Ma come finirà con la questione degli ostaggi? Potrebbe sostenersi una fine delle belligeranze senza la loro riconsegna? Mancherebbe così l’obiettivo apparente di tante morti.
Ma una preoccupazione in più, del tutto nuova, consiste nell’insistere sulle operazioni militari che potrebbero sospingersi a ridosso dell’Egitto fino a coinvolgere questo stato. Si ricomincerebbe di nuovo e con esito illimitato. Ed è per questo che il momento è propizio per chiudere questa partita di belligeranze. Solo che continua a mancare questo terzo col quale sedersi allo stesso tavolo per dare delle garanzie a entrambi.