Eletta dal popolo in consultazioni della base sociale che si sono svolte nei gazebo ed hanno conosciuto così una vera investitura popolare. Il nome di Elly Schlein alla guida del Partito Democratico per tanto è indiscutibile. Questo porta ad accentuare i problemi, non a risolverli.
IL nodo gordiano della sua inadeguatezza non può essere reciso dicendo che è stata regolarmente eletta dalla base del partito. Non ne azzecca una e a difenderla ormai è solo Paolo Mieli, non si capisce se per snobismo o per reale convincimento. E in questo ultimo caso basato su cosa?
L’ultima querelle fa da suggello ad una sottile e pervicace culto della persona imposto su un organismo, quale è il partito democratico, che per definizione ha bisogno di pluralismo, di molte voci, di dialettica e di protagonismo sociale. In definitiva ha parlato sempre e solo lei. L’ultima, si diceva, è stata quella di inserire il suo nome e cognome sul simbolo del partito. Come faceva Berlusconi! Come fanno quei leader che ritengono di essere l’origine, il costrutto e il fine dell’organismo sociale che sono chiamati a dirigere. Come se il nome del partito avesse bisogno del nome del leader per tenersi in piedi. Come a convincere l’indeciso che tituba. Col nome impresso sulla scheda sono fugati i dubbi. Ma siamo ben lontani dal rapporto tra Partito Democratico ed Elly Schlein
Qualche cortigiano deve però averla lusingata nel primo convincimento di consegnare le liste per le europee col simbolo segnato col suo nome e cognome a garanzia. Altri notabili del partito l’hanno portata a più miti consigli. Altri le avranno balenano che qualora si riscontrasse una sconfitta sarebbe totalmente intestata a lei e non avrebbe altra scelta possibile se non andarsene. Quindi almeno qui Schlein ha desistito.
Quale mostro di tracotanza può conservare questa pia illusione? Ci sono le eccezioni come Silvio Berlusconi i cui motivi sono chiari a tutti ed è inutile ripetere essendo lui fondatore, inventore e finanziatore del suo partito.
Le elezioni in Basilicata sono andate come sono andate. Vince ancora il centrodestra facendo entrare nella zucca di qualche intelligenza rara che il caso della Sardegna si è trattato solo di un harakiri sempre del centrodestra. (Vito Bardi confermato governatore col 56,63%, il centrosinistra col 42.16%, Volt con l’1,21%).
La stangata è arrivata da Prodi che dichiara ai giornali: “Non mi dà retta nessuno, la candidatura dei leader che non vanno in Europa è una ferita alla democrazia”.
In sostanza si dilegua l’illusione di una persona nuova, fresca, senza infingimenti e tatticismi della politica. Una donna che avrebbe dato linfa vitale a un partito corroso dalle correnti. E invece queste ultime stanno a guardare aspettando che il vento contrario della destra meloniana passi per poi presentarsi e consegnare il conto alla ragazza apprendista stregona.