Vanno bene turismo, servizi e l’export. Il motore dell’economia reale, quella che porta vera ricchezza e consente a un paese di impiantare un modello di crescita reale, il mondo della produzione vera e propria, è in sofferenza. Secondo Confindustria tutto è da addebitare ai trasporti mondiali di merci, ai costi energetici, e ai tassi ancora alti.
I dati sulla congiuntura offerti dal Centro studi Confindustria confermano un dibattito sulla realtà vera ancora inesistente. Non si discute sui nodi reali ma sul fatto che non si è votato il documento contro le violenze nei confronti degli LGBT, si dibatte sul dibattito tra Meloni e Schlein, si cincischia sugli arresti al governatore Toti dimenticando che quello stato di cose può fermare una delle voci più problematiche della sfera produttiva del nostro paese riguardante proprio “i trasporti mondiali di merci”.
Riflessione a parte meritano tassi e inflazione. I primi, tra aprile e maggio, hanno tenuto grazie al lavoro di Fed e Bce. In aprile l’inflazione bassa (+0,8%) fa da contrasto però all’Eurozona dove la discesa si è fermata (+2,4%).
Sempre sul tema dell’inflazione l’Unione tiene i tassi alti. Il petrolio a maggio ha conosciuto prezzi pari a 83 dollari al barile. Rincara il gas – 30euro/mwh a maggio.
Sul tema del credito ci sono meno prestiti per le imprese. Meno consumi e meno investimenti. IL declino più sensibile si è attestato a marzo. Male anche i servizi.
Ma cresce il turismo. Arrivano più stranieri nel nostro paese e chi vive in grandi città o a ridosso di punti di riferimento culturali internazionali se ne accorge in modo evidente. Quasi un riscatto dal periodo claustrale della pandemia. In termini di spesa corrente la crescita arriva al venti per cento – confrontata con lo scorso anno.
Ma, dicevamo, cala anche l’industria. Flessione dell’indice Rtt a marzo: -0.5%. Continua la tendenza negativa anche ad aprile. Migliorano le esportazioni, invece. Sull’importazione, invece, il prodotto interno lordo nel primo trimestre del 2024 ha conosciuto un forte calo, pari a -2,8% in volume. Un fatto che però aumenta il prodotto interno lordo e aumenta il saldo commerciale che arriva a +12,8 miliardi di euro.
Tutto questo determina maggior numero di posti di lavoro. Gli occupati sono al +0,2%. I numeri reali questo significa 133mila dipendenti a tempo indeterminato con aumento dello 0,8%. Sono diminuiti i temporanei di 72mila. Stabili gli autonomi.
In questi andamenti è difficile stabilire l’influenza data dalla politica di governo e quanto invece sia totalmente indifferente, tanto che le cose vanno verso una direzione segnata senza che chiunque impegnato sugli scranni di Palazzo Chigi possa fare alcunché. Nella prima possibilità, quindi, l’influenza sarebbe discutibile, nella seconda nulla. Non si capirebbe, nel caso in cui chi governa avesse margine di azione reale sulle cose, perché la rinuncia a intervenire sui costi reali dati dall’energia che è il primo motore reale della produzione vera e propria. Diversamente avvalorando anche una tendenza alla diminuzione del valore della forza d’acquisto della moneta aumenta e di molto il turismo. Siamo tutti contenti.
Sono dati che però ci avvicinano ad un’economia arretrata, balcanica (come un tempo era intesa), non un’economia moderna. E sul recuperare un ruolo da parte da quelle che erano le nostre roccaforti della produzione dovremmo concentrarci attentamente.