L’area coinvolta è quella della penisola di Reykjanes, nel sud-ovest dell’Islanda. Evacuata la città di Grindavik. Ancora un’eruzione vulcanica, ancora panico e dichiarazione dello stato di emergenza da parte delle autorità locali. Peccato che tanto allarme non sia riconosciuto nel resto del mondo. Si è proclamato il codice rosso.
Secondo l’icastica descrizione dell’Istituto Meteorologico: “i pennacchi dell’eruzione raggiungono un’altezza di almeno 50 metri”. Ed è appena tre settimane successivamente ad un’altra eruzione ininterrotta ed iniziata il 16 marzo.
Le sole notizie utili sul disastro arrivano dall’IMO – tradotto con “ufficio meteorologico islandese”. Si parla di un’eruzione continuativa. Ha iniziato sabato sera. Successivamente ha determinato il realizzarsi della fenditura di tre chilometri nella terra. Una fessura che adesso divide due montagne.
La lava procede a una velocità pari un chilometro all’ora. Procede da verso sue e sudest. La sua direzione è il mare. IL problema degli abitanti consiste anche nel riuscire a realizzare per tempo una barriera in grado di non consentire alla lava di non arrivare alla strada annullandola e così rendere impraticabile la principale costa.
Fin qui il dato dell’inquietante cronaca non sufficientemente riportata sui nostri notiziari e non perché, in definitiva questa eruzione non ci guarda. E neanche perché sui misteri geologici ci dobbiamo ben più preoccupare dell’instabilità del Campli Flegrei e altre menate di questo tipo.
Cose come l’eruzione in Islanda riguardano l’intero pianeta. E lo riguardano da vicino! Questo perché secondo tesi di importanti studiosi queste eruzioni potrebbero essere la vera causa del riscaldamento del pianeta con la relativa filastrocca terroristica ammannita riguardante i “cambiamenti climatici”.
Il leit motiv che coinvolge anche la ricerca vorrebbe che siano state registrate maggiori eruzioni in virtù dell’abbassamento della temperatura della Terra. Ma risponde Schmidt, una studiosa che ha firmato diverse ricerche per la Cambridge University: non vi sono prove che dal 1850 ad oggi le eruzioni siano divenute più frequenti a seguito dello scioglimento dei ghiacciai. E non ci sono prove per stabilire che l’effetto delle eruzioni vulcaniche, in definitiva, sia almeno concausa del riscaldamento globale. Dicono gli studiosi su Euromews: “le eruzioni rilasciano anidride carbonica ad effetto riscaldante”. E questo è un fatto. Poi esistono i calcoli: “un’eruzione contemporanea di tutti i vulcani del mondo produrrebbe anidride carbonica in quantità cento volte inferiore rispetto a quella dell’attività umana”. Tutto questo, cari studiosi, col massimo della fiducia, dovrebbe però trovare maggiori garanzie attraverso il controllo dei dati che sono immessi per arrivare a queste conclusioni.