È stata una competizione elettorale fatta di duelli. Le compagini partitiche oramai concentrano assai poco. L’elettore convintamente di destra vota alternativamente Lega o Fratelli d’Italia ma potrebbe non disdegnare il rassicurante modello Tajani. Così come l’elettore progressista oscilla a seconda delle tendenze in atto e le lusinghe proposte dall’aggiornamento politico il PD della Schlein o i Cinque Stelle di Conte, con qualche incursione nel mondo della Sinistra Verde. C’è chi simpatizza laicamente, liberalisticamente per Renzi o per Calenda e conseguentemente si muoverà.
Tutto questo per dire che al di là di spostamenti interni di voto poco cambia sotto il Sole.
Ma coloro che hanno la passione per i popcorn e le maratone mentanesi con uso di dibattito può gustarsi fino alla fine l’esito dei duelli a distanza. Il primo duello è tra Meloni e Salvini. Non si tratta di misurazione attuale della resa computazionale dei voti. Si tratta di vedere se Meloni riuscirà a superare i due milioni trecentomila voti di preferenza che Salvini riuscì a vedersi attribuiti nelle precedenti elezioni europee nel 2019. Anche quelli dettano il peso di una vera leadership. Poi certamente ci sono le questioni del ‘testa a testa’ tra Lega e Forza Italia fino all’ultimo voto. Ma soprattutto per la Lega quanto avrà contato l’effetto Vannacci.
Ed a proposito del Generale che inneggia la Decima Mas, rappresenta l’outsider che meglio raffigura la “voglia di destra” nel paese. Lui è rimasto a dire cose di destra. Non ha pudore e se ne infischia se nei salotti buoni si sorride di certe eresie dette in modo diretto. Gli altri, i professionisti della destra, debbono dimostrare una destra che c’è, ma che riesca anche a contare e ad entrare negli ambiti decisionali dell’Europa che conta. E allora tra i richiami a luoghi tipici di una sana cultura delle caverne bisogna esserci, ma per ascoltare, recepire, ma essere dialettici anche in un possibile ingresso di maggioranza nel Partito Popolare Europeo. I tipi come Vannacci in questa alchimia sono però fondamentali perché consentono al tuo mondo di identificarti con la tua tradizione.
Ed è lo stesso problema che ha la sinistra. Attraversata negli ultimi decenni sa serene ambientaliste, retorica sul politically correct, mistica sulle libertà individuali e il diritto di esprimerle specialmente in tema di scelte inerenti la sessualità, nessuno si ricorda più che cosa è la sinistra: la pace come dato incondizionato, i diritti dei lavoratori, il pan-sindacalismo nei luoghi di lavoro, la visione del mondo in cui la selezione è data tra chi lavora e chi gestisce il lavoro. Sono tematiche che non è possibile far rappresentare a un marxista d’antan. E allora si spolvera ex direttore dell’Avvenire, Marco Tarquinio. Lui sulla pace non ha tentennamenti. Va cercata ad ogni costo, non va inviata la guerra, meglio la vita e la ricerca della conservazione di una dignità in qualsiasi stato di vita che la cancellazione assoluta della vita. Le nuove idee guida della sinistra potrebbero partire da lui. Anche se viene da una formazione cristiana.
Tarquinio a sinistra copre lo stesso ruolo di Vannacci a destra. L’altro scontro, il vero scontro è tra loro due. Il resto è maggioranza. E a loro confronto due come Schlein e Meloni, che pure hanno giocato a darsi bordate per autolegittimarsi come gli apici dei diversi schieramenti, sono molto simili.
Non ha competitor invece Ilaria Salis. Adesso è in casa, ma sempre ai ceppi elettronici, parla nelle interviste di un mondo che ha ancora bisogno di battaglie per le libertà e per i diritti umani. Nessun dubbio. Ma ha anche bisogno di minori eccessi nel propugnarle. Eccessi che si ritorcono immediatamente contro il senso di queste battaglie.
Dobbiamo capire che l’Europa è questo. Queste battaglie. E ciascuno dei suoi protagonisti ne è portavoce.