La domanda legittima del cittadino guarda a questi grandi raduni delle potenze internazionali per chiedersi a cosa servano effettivamente. Non si tratta di domanda villana, si vuole anche avere fiducia e speranza per queste prove generali finalizzate a un governo mondiale.
Ma quando nell’agenda di tre giorni reali c’è di tutto, di più, l’interrogativo è cosa cambi in questi vertici da una conversazione sotto l’ombrellone tra persone che si rispettano, si conoscono, ma hanno posizioni che guardano ciascuno la propria unilateralità. L’unica eccezione arriva quando si guarda a grandissime e scottanti questioni relative a problemi della difesa internazionale o alla difesa da aggressioni provenienti dal mondo dell’economia. Obbligatorio includere, da un po’ di tempo a questa parte, anche grandi problemi sanitari: il Covid fu un grande esempio.
Posizioni che possono essere prese d’intesa anche in video-conferenze, ma il grande vertice deve rendere la fisicità dei leader di insostituibile impatto autoreferenziale: non si fa nulla senza la presenza in carne e ossa del premier!
E così che le agenzie riportano come il tema concettuale dell’aborto (non ancora il diritto alla sua pratica) sia ancora un tema divisivo e possa essere considerato un tema di discussione in un’agenda dove si debbono prendere posizione sulle soluzioni di pace prospettate per i conflitti in Ucraina e in Medio Oriente.
Sul finale arriverà, sabato, anche il Papa per discutere di Intelligenza Artificiale e allora saremo al completo. Con Emmanuel Macron avente una crisi politica da niente – elezioni tra due settimane dopo le quali lui rischia di sparire dalla scena – vorrebbero farci credere che la questione sulla corretta dizione del diritto delle donne all’aborto sia per loro problema centrale. Come se queste importanti questioni di principio fossero veramente al centro delle loro preoccupazioni e non invece la questione di “aumentare la produzione e la consegna” di armi a Kiev. E insieme le prove d’orchestra per saggiare quanto è ancora forte l’alleanza anti-Putin. Poi c’è l’altro fronte che lascia più scomposti. La roadmap per Gaza, quella comminata come sempre dal presidente degli Stati Uniti e dall’Onu, vuole che Hamas accetti il cessate il fuoco. A Israele invece si limita a chiedere di allentare l’escalation. Due pesi e due misure che stridono su qualsiasi principio etico. Ci sarebbe da dire a questi grandi sette: “ma chi ve li scrive i testi?”