Si è spenta oggi. Almeno è di oggi l’annuncio su Twitter della figlia. Da moltissimo tempo l’attrice non calcava i palcoscenici così come i set cinematografici. Ma i lavori in cui è apparsa – il termine è voluto proprio ad indicare l’altera elegia della sua figura – sono film come La Dolce Vita, Fellini Ottoemezzo, Un Uomo una Donna, fino all’età di sessanta anni in cui interpreta una stilista nel film Prêt-à-Porter di Robert Altman.
Di qui seguono le note encomiastiche tipiche dei coccodrilli di personaggi celebri. Si vuole dire che il caso di Anouk Aimée è unico nel cinema perché celebre lo fu sicuramente, ma non abbastanza per meritare ricordi più altisonanti di quelli che si leggono per altro tipo di protagoniste dal curriculum maggiormente copioso.
Anouk Aimée selezionava fortemente gli autori con cui decideva di lavorare. Il suo tocco aristocratico riusciva a farla apparire sempre un poco di lato alle trame in cui era immersa. Come se, al di là della narrazione filmica, dovesse rappresentare una sua storia, un suo personaggio, per cui è possibile segnare la filologia con quelli di altri film, anche se trattanti altri contesti di scenografia.
Non sarebbe esatto neanche parlare di lei nei termini di grande attrice sotto il profilo della recitazione. Anouk Aimée era Anouk Aimée nella storia che si trovava ad occupare. Ed era così che però quella stessa storia riusciva a decollare. E c’è da chiedersi come avrebbe potuto diversamente se ci fosse stata altra protagonista femminile.
Anouk Aimée è la donna aristocratica e viziata che prende lo sfizio di una serata in casa di una sconosciuta popolana in compagna del cronista Marcello Mastroianni nella Dolce Vita (1960). Anouk Aimée è addirittura la moglie del regista in crisi protagonista di Ottoemezzo (1963). Ma la sua figura si dilegua in quella della madre quando la bacia dentro un cimitero- spunto geniale dal sapore freudiano che senza di lei non avrebbe avuto quella allure. Anouk Aimée è ancora la protagonista di Un Uomo una Donna (1966) nell’incontro casuale con il personaggio interpretato Trintignant. La novità è che i due sono reduci da due lutti coi rispettivi consorti e non intendono minimamente ricominciare una storia. Ma l’innamoramento affiora come una condizione dettata anche dalle condizioni di solitudine dei due e fondandosi su impianto razionale ha maggiore possibilità di durare nel tempo.
Sono i capolavori assoluti dell’attrice parigina presente chiaramente anche in altre eccellenti prove. Tra queste si deve ricordare Salto nel vuoto (1980) di Marco Bellocchio e Prêt-à-Porter (1994) di Robert Altman dove fa la parte di una stilista rimasta senza soldi che ironicamente decide di posare nuda coperta però da tutto lo staff di modelle e modelli tutti in tenuta adamitica.
A fronte di una cinematografia chiaramente più folta giova evidenziare il profilo della sua maschera attoriale in grado di dare alla trama un percorso definito in partenza. La rivista Life la definì come “la più bella residente della rive gauche”. Era il 1960 ed erano ancora in voga le tendenze esistenzialistiche. La descrizione a carattere mondano evidenzia bene lo stile della persona, ancor prima del personaggio da interpretare, la classe distintiva in ogni comportamento permeato sempre da infinito buon gusto.
L’addio rivolto a lei va quindi probabilmente all’insieme di qualità che con lei hanno caratterizzato un’epoca.