Si riteneva che sul caso del femminicidio di Giulia Cecchettin fosse stato detto veramente tutto. Ma le sorprese sono sempre in agguato quando si colloca un registratore o una telecamera per rilevare comportamenti privati, nel senso tolti da ogni interesse pubblico perché attinenti alla conversazione di due persone sprofondate in un disastro esistenziale incolmabile.
Le intercettazioni delle parole detta tra padre e figlio, Nicola e Filippo Turetta, durante la detenzione del figlio sono state pubblicate. Il padre dice cose indecenti che ci rifiutiamo di replicare anche se tanti media lo hanno già fatto. Sono parole dette – ha spiegato il padre del femminicida – per timore che il figlio si suicidasse in carcere. Un estremo tentativo di padre di preservare il figlio dall’apicale crisi di coscienza. Un tentativo maldestro e sbagliato nella sensatezza espressa ma attinente comunque a una conversazione tra padre e figlio non coperta da interesse pubblico.
Non si capisce quale sia il motivo di pubblicare una cosa detta in condizioni così disperate. Ma è stato fatto. Oggi ne parlano tutti e siamo al nuovo abuso che in questa professione si fa per rispondere agli appetiti pruriginosi di lettori annoiati pronti a giudicare sui Social. Oramai è questione nota.
È intervenuto anche l’Ordine dei Giornalisti col presidente Carlo Bartoli: “Il dovere del giornalista è distinguere cosa è essenziale per la comprensione dei fatti da ciò che è pura e semplice incursione nel dramma di genitori di fronte a un figlio che ha commesso un crimine terribile. Un dramma umano, quello del padre e della madre, che va rispettato”. Chiaramente il padre di Turetta si è pubblicamene scusato spiegando di aver detto cose sbagliate per dare un supporto al figlio. In definitiva si tratta di un nuovo caso che si aggiunge ai moltissimi legati alla pubblicazione di intercettazioni telefoniche aventi carattere esclusivamente di conversazioni personalissime.
Quello che serve ora è una forte autocritica da parte di chi fa questo mestiere con stile di “jene dattilografe” di dalemiana memoria. Le parole del padre non fanno emergere alcun elemento in grado di dire qualcosa di più sull’accaduto. Solletica solo la voglia di avere notizie di indecenze da parte dei lettori. Sarebbe erroneo anche un atteggiamento censorio. Dobbiamo ammettere che in ogni ambito editoriale esiste la tendenza a accontentare la voglia di guardare dal buco della serratura. Si deve capire però cosa si intende fare nella vita: pornografia o informazione finalizzata a dare elementi alla datità della Storia.
Ma la prima tendenza è quella assolutamente prevalente nel mondo dell’informazione.