L’uscita degli States dalle responsabilità di fornire armamenti e da tutto ciò che comporterebbe questa responsabilità è passato da argomento da eludere ad argomento perno di questa campagna elettorale americana. Non si può chiaramente passare in secondo piano il fatto che nel mondo esistano due conflitti a regia statunitense senza che se ne parli al popolo votante.
Si parla così di una tregua a Gaza. Lo hanno detto anticipatamente alla convention dove alla vice presidente verrà dato l’imprimatur ufficiale per la candidatura presidenziale. In modo disperante Biden fa presagire ambiti di manovra assai limitati per la distensione: “la tregua è ancora possibile”. (Se è possibile vuole dire che non è cosa, si tratta di un’ipotesi nella testa di pochi, quasi sempre i non addetti al conflitto).
“Dobbiamo ottenere il cessate il fuoco, e dobbiamo liberare quegli ostaggi”, Afferma Kamala Harris volendo dare l’idea di stare sul pezzo.
E Biden apprezza tanta dedizione al risultato. “Sarà una leader eccezionale” … Ha detto Biden. E se lo dice lui c’è da aver paura.
Va detto che Kamala Harris senza fare o dire gran che in poche parole ha risollevato il partito e le sorti di questa campagna elettorale che andava a senso unico per Donald Trump.
Il pragmatismo di Kamala si vede proprio nella gestione della campagna elettorale. Si è fatto col marito e col suo vice per prima la Pennsylvania. È lo stato dove le proiezioni danno i due candidati in bilico. Tutti a bordo di un autobus, che fa tanto popolo, se ne sono andati a spasso nello stato per incontrare i loro elettori e rafforzare l’intenzione di voto.
Scena tipica da campagna elettorale che frutta a Kamala il vantaggio su Trump del quattro per cento – così dicono Washington Post, Abc-News che riportano i dati di Ipsos – quarantanove per cento contro quarantacinque.
Ma c’è la variante Robert F. Kennedy Jr. che sta al cinque per cento. E se ricompattasse con Trump?